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Riforme, la promessa di Tajani: andremo avanti anche senza l'opposizione

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Nelle prossime ore il governo ascolterà le proposte delle opposizioni cercando un punto d’incontro, nella convinzione che tutti debbano partecipare alla scrittura delle regole, ma poi andrà avanti. Lo ha spiegato il vicepremier Antonio Tajani, giudicando un eventuale «Aventino» un errore: «La ricetta migliore bisogna trovarla insieme, maggioranza e opposizione», premette, ma «basta con governi non eletti. Le riforme sono parte del nostro programma. Se l’opposizione dice no, andremo avanti, poi ci saranno i referendum e decideranno i cittadini». Sul tavolo ci sarà il presidenzialismo, punto al primo posto nel programma elettorale del centrodestra sulle riforme. E secondo Tajani «forse il premierato potrebbe essere la soluzione più gradita dalla maggioranza delle forze in Parlamento». Il premier Giorgia Meloni farà una prima ricognizione con i leader delle opposizioni. Ma anche le Regioni chiedono con forza una convocazione. Massimiliano Fedriga, a nome della Conferenza della Regioni, ha scritto al premier Meloni avvertendo che «per affrontare al meglio le straordinarie sfide che attendono il Paese», sarà necessario «il contributo di tutti gli enti costitutivi la Repubblica». Occorre «superare le criticità che interessano ciclicamente il sistema istituzionale», ha scritto Fedriga, sottolineando che «la sovrapposizione di interventi normativi non sempre coordinati, unitamente alle mancate approvazioni dei disegni di legge di riforma costituzionale hanno generato notevoli criticità soprattutto nell’ambito della governance territoriale».

 

 

 

 

Il Pd, che è da sempre contrario sia all’ipotesi di elezione diretta del Capo dello Stato che del presidente del Consiglio, riunirà la segreteria, come annunciato nei giorni scorsi da Elly Schlein. Un punto di caduta sull’elezione diretta del Capo del governo potrebbe trovare d’accordo, invece, il Terzo Polo. Il leader di Azione, Carlo Calenda, proporrà «le priorità del nostro programma elettorale, che riprendono molti punti del referendum del 2016»: più poteri a premier ma anche monocameralismo (punto che invece non figura nel programma del centrodestra), riordino del federalismo, partendo però dalla convinzione che il «Capo dello Stato non si tocca». Nettamente contrario al premierato il leader del M5S, Giuseppe Conte, per il quale con «un Capo del governo eletto dai cittadini stravolgiamo le funzioni del Capo dello Stato. Sarebbe una figura che va a tagliare i nastri alle cerimonie, niente di più». La premessa di Conte è che per una «stagione costituente» serve «un clima di coesione sociale, non divisivo. Ma questo governo ci arriva già malissimo». «Sicuramente ci sederemo al tavolo», prosegue Conte (non chiarendo se ci sarà anche lui al confronto, visto che mercoledì sarà a Brescia per l’inchiesta Covid), «vogliamo partire da una diagnosi condivisa e poi discutiamo dei rimedi». La proposta del Movimento parte da «alcuni ritocchi mirati», spiega la senatrice Alessandra Maiorino: la sfiducia costruttiva, il potere per il premier di revocare i ministri e un rafforzamento del ruolo del Parlamento. Prima di discutere della forma di governo, il segretario di +Europa, Riccardo Magi, chiede invece un’Assemblea costituente da eleggere ad hoc, magari in un election day con le Europee, poi «no al presidenzialimo a tutti i costi».

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