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Achille Occhetto boccia il Pd: è un partito senza anima

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Tormenti democratici attanagliano i Dem. Già a partire dalla notte delle elezioni del 25 settembre, a sinistra è iniziato il redde rationem per individuare responsabilità e soprattutto strategie di rinascita. Ma la strada è ancora molto lunga e soprattutto non si vedono strategie che possano portare a risultati positivi. Se ne rendono conto anche ex esponenti del partito come Achille Occhetto che boccia la classe dirigente Dem senza se e senza ma. «Consentitemi un consiglio a Letta, Conte, Calenda, Fratoianni e a tutti coloro che si professano di sinistra: riunitevi in una stanza, guardatevi negli occhi e chiedetevi: vogliamo continuare a giocare a rubamazzetto? Oppure vi ponete il problema più serio? In Italia e in Europa è in atto una nuova ondata reazionaria, che non sarà fascismo, ma che è diversamente pericolosa. Io credo che sia urgente un esame di coscienza». Così a La Stampa Achille Occhetto, per il quale i 6 mesi di tempo che il Pd si è preso per darsi un nuovo gruppo dirigente e ridefinire un’identità «sono troppi ma mi preoccupa di più il combinato disposto tra i 6 mesi e una falsa partenza. Letta ha detto cose importanti, mai più governi di unità nazionale, avanti con una nuova generazione, no alla scelta tra Conte e Calenda. Cose necessarie ma non sufficienti. Manca ancora la questione di fondo: quale identità? Meglio ancora: quale anima?».

 

 

 

Quasi nessuno dei capi-cordata è intervenuto in Direzione: un tatticismo «doroteo»? «I capicorrente hanno già iniziato le grandi manovre tattiche, che non servono al partito. Se è vero che la prima cosa a cui pensare è la ridefinizione di una identità più complessiva, fino ad oggi la cosa più sbagliata è stata quella di concepire il Pd come soggetto isolato. Da una ventina d’anni abbiamo un’Italia divisa in due come una mela ma il confine tra destra e sinistra non si è più spostato». Per Occhetto, «Il Pd si porta dietro un vizio di fabbrica, quello che non mi consentì di iscrivermi al nuovo partito e mi fece dire allora: è una fusione a freddo di apparati e non, come dovrebbe essere, una felice contaminazione di ideali, culture diverse, ex comuniste, socialiste, cattoliche, laiche. Invece c’è stata una sovrapposizione. Risultato: il Pd non ha un’anima».

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