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Enrico Letta pronto a imbarcare chiunque. Terrore delle elezioni, le giravolte del leader Pd

Christian Campigli
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Volteggi degni di un ballerino del Bolshoi. Pronto a tutto pur di mantenere il potere, assegnare poltrone e distribuire cariche pubbliche. Enrico Letta, in meno di una settimana, ha pubblicamente dichiarato di essere disponibile ad  imbarcare chiunque per di non regalare il Paese ai "fascisti". Da Renzi a Calenda, da Di Maio a Brunetta. Condito sine qua non: aver appoggiato e seguito senza tentennamenti il Verbo di Mario Draghi. E quindi il campo progressista, l'alleanza con i Cinque Stelle, difesa e sostenuta per mesi, va in soffitta. Per sempre (anche se, per sempre in politica non significa un bel niente, perché oggi è oggi e domani è domani).

 

Poco importa l'impatto che  questa decisione avrà in contesti locali. Il voto non favorevole al Governo dei Migliori è considerato dal segretario  pisano come "lo sparo di Sarajevo". Letta, politico esperto e navigato, sa che il centrodestra può solo perderle, queste elezioni. Ma è convinto che, se esiste una speranza, quest'ultima passa da un fritto misto. E quindi va bene Renzi, nonostante il famigerato "Enrico stai sereno", il Di Maio del "partito di Bibbiano" e il Brunetta, per anni bacchettatore feroce dei dipendenti pubblici "fannulloni", principale bacino di voti del Pd (insieme ai pensionati).

 

Ma come potranno governare (a patto di compiere il miracolo), trovare un equilibrio chi vuole il gassificatore e chi sogna il ritorno al carbone, chi è favorevole allo ius soli e chi vorrebbe una politica immigratoria più rigida? Questioni secondarie, almeno per Letta. Oggi l'obiettivo principale è fermare il "pericolo fascista". Un'emergenza talmente spaventosa che torna, come ricordava ieri il deputato di Fratelli d'Italia, Giovanni Donzelli "a intermittenza, in concomitanza con le elezioni, come le lucine di Natale". Ma la strada del numero uno di Botteghe Oscure è in salita. Il gioco dei veti e dei ricatti nel centrosinistra è già iniziato. E se Calenda non vuole Di Maio, l'ex governatore toscano Rossi non tollera  Renzi. Senza dimenticare Fratoianni e Bersani, tentati, e non poco, dall'idea di creare un terzo polo con i Cinque Stelle. Magari guidati dal Che Guevara di Roma Nord, Alessandro Di Battista.

 

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