Cerca
Logo
Cerca
Edicola digitale
+

L'ottusa litania del messia Draghi. Appelli e profezie funeste come già per Monti

Carlantonio Solimene
  • a
  • a
  • a

Pare che fino a mercoledì le temperature sull'Italia dovrebbero restare su livelli tutto sommato accettabili. Da giovedì, invece, è attesa un'ondata di calore africano, che renderà pressoché insopportabile l'ultima coda di luglio. A meno che, ovviamente, Mario Draghi non decida di restare a Palazzo Chigi. In quel caso sono previste temperature fresche e clima secco. Insomma, tempo ideale per una giornata al mare o una scampagnata con i bambini. Meglio ancora se nella quiete di Città della Pieve.

 

Ecco, questo in verità non lo ha ancora detto nessuno. Ma non è così improbabile che, da qui all'attesissimo discorso del premier in Parlamento, qualcuno non dia a Draghi anche il potere di orientare a proprio piacimento le perturbazioni. Esagerazione? Non proprio. Ieri, per dirne una, la vicepremier ucraina Iryna Vereshchuk è stata lapidaria: «Con leader come Mario Draghi al Governo, noi vinceremo questa terribile guerra». Ora, è fuor di dubbio che il capo del governo italiano abbia schierato senza se e senza ma il Paese al fianco di Kiev. Così come non è un mistero che a Mosca un suo passo indietro non dispiacerebbe affatto. Ma che la sola presenza di Draghi possa contribuire a un esito favorevole all'Ucraina nel conflitto, appare invece un po' forzato. Anche perché, durante i primi cinque mesi della guerra, a Palazzo Chigi c'era già Draghi. E non è sembrato che le truppe russe in avanzata nel Donbass se ne crucciassero più di tanto.

 

Le profezie di sventura in caso di passo indietro di Supermario sono innumerevoli. Una è stata coniata da Federico D'Incà, ministro grillino per i Rapporti col Parlamento. Che ha steso un rapporto con tutti i provvedimenti che salterebbero con una crisi di governo. Esagerando un po', in verità, perché gran parte delle scadenze elencate, a partire da quelle legate al Pnrr, possono rientrare nella ordinaria amministrazione che anche un governo «sfiduciato» (e quello di Draghi non lo è neanche) potrebbe portare avanti.

 

Un altro ministro che vive questi giorni come fossero gli ultimi di Pompei è Luigi Di Maio. Secondo il quale «senza Draghi non avremo più il tetto al prezzo del gas». Che, è vero, è una battaglia portata avanti con vigore dal premier. Ma, finora, nonostante i suoi sforzi ha prodotto solo sostanziali rinvii. Così come un'altra crociata, quella legata al superamento degli attuali trattati europei. Draghi sostiene la riforma, d'accordo, ma l'attuale debolezza degli altri pezzi grossi dell'Unione- Macron e Scholz - rende difficile immaginare che il premier italianio, da solo, possa convincere i 27 Paesi membri a rinunciare al principio dell'unanimità.

 

A proposito di Europa, giovedì la Bce deciderà sullo scudo anti-spread e sull'innalzamento dei tassi. A detta dei più «draghisti» il primo obiettivo sarà raggiunto solo se Supermario resterà in carica. E, in quanto al secondo punto, senza crisi di governo i tassi potrebbero essere alzati solo dello 0,25% e non dello 0,5. Sarà curioso verificare quello che accadrà nell'uno e nell'altro scenario. In quanto allo spread, però, vale la pena di osservare come, al momento, i mercati non abbiano reagito così male alle turbolenze politiche italiane. «È che gli operatori non credono alla crisi» è stato obiettato. Come che sia, ieri su Twitter c'era chi sosteneva che «la banca mi ha informato che la crisi di Conte mi potrebbe costare 300 euro al mese in più di mutuo per il solo effetto dello spread». Peccato che lo spread attuale, 223 punti, sia inferiore al picco raggiunto a metà giugno, 250. Forse perché, più che da Draghi, dipende da Christine Lagarde.

Che sicuramente, come sostengono in tanti, chiede consiglio a Supermario persino quando deve scegliere che giacca indossare. Ma, stando a quello che effettivamente decide, poi fa di testa sua.

 

Il punto è che questo continuo gridare all'apocalisse non è esattamente un fatto inedito nella politica italiana. Gli stessi annunci si sono sentiti quando Mario Monti fu defenestratoda Forza Italia o Paolo Gentiloni dovette cedere la poltrona all'allora carneade Giuseppe Conte. Doveva crollare il mondo, invece accadde poco o nulla. Erano sbagliate le grida d'allarme o è merito del «Sistema» che alla fine riesce a «normalizzare» anche le svolte più drammatiche? Chissà. Il risultato, però, è l'effetto «al lupo al lupo». Qualora il Paese dovesse trovarsi davvero di fronte a un bivio vitale, probabilmente nessuno ci crederà, assuefatto alle profezie che non si avverano mai. Ieri il profluvio di appelli pro-stabilità è continuato senza sosta. Il «Financial Times» ha vergato un editoriale dal titolo «L'Italia ha ancora bisogno di Draghi», scrivendo che quella che comincia oggi è «una settimana cruciale per il destino dell'Italia e non solo».

Poi ci sono state le paginate dei giornali acquistate da professionisti e capitani d'impresa, l'appello dei medici a non essere «lasciati soli» mentre il Covid rialza la testa, la contestatissima lettera dei sindaci. Ognuno è libero ovviamente di auspicare quello che ritiene sia meglio per il Paese. Che simili toni siano usati dai politici, però, stona un po'. Perché toccherà a loro, quando la stagione draghiana terminerà, riprendere il bandolo della matassa. Dichiarare una simile impotenza non rappresenta il miglior viatico per la campagna elettorale. Anche perché quello che non si vuole accada mercoledì, succederà comunque al massimo nel maggio 2023. Quando ci saranno ancora l'inflazione, i contagi da Covid, il gas russo da rimpiazzare, forse - speriamo di no persino la guerra. E Draghi è senza dubbio il migliore (o il meno peggio), ma in qualche modo toccherà industriarsi per andare avanti. O no? Insomma, nell'attesa che il premier prenda una decisione, che scelga se andare avanti con l'unità nazionale o con i fuoriusciti grillini come un Conte qualsiasi, o se al contrario resti fermo nel proposito di sbattere la porta, sarebbe meglio essere chiari. Se davvero senza Draghi è la fine, allora Mattarella lo imbulloni a Palazzo Chigi fino a maggio. Ma non per salvare l'Italia. Solo per darci più tempo per organizzare il viaggio su Marte ed evitare le fiamme dell'inferno.

Dai blog