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Crisi governo, Contiani contro governisti: i grillini si spaccano. Il ministro D'Incà chiede una tregua

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La "linea Conte" regge e prevale tra i parlamentari del M5S: fuori dal governo Draghi senza risposte precise sui punti ritenuti fondamentali per il Movimento, ovvero quelli contenuti nel documento consegnato al presidente del Consiglio. Una posizione che incassa la maggioranza dei consensi durante l'assemblea di deputati e senatori pentastellati, ma non può nascondere il dissenso di quegli eletti - già una ventina - che di dicono pronti a votare la fiducia all'esecutivo.

La stragrande maggioranza si esprime a favore dell'idea di staccare la spina al governo ma, all'interno dell'assise congiunta dei cinque stelle la spaccatura resta e potrebbe preludere a una nuova scissione in aula, in particolare a Montecitorio dove il gruppo è meno compatto. La riunione via zoom con il leader Giuseppe Conte, iniziata ieri sera, riprende alle 10,30 del mattino per poi interrompersi dopo l'ora di pranzo. Rinviata alle 18, poi slitta alle 20 e infine viene aggiornata a domani pomeriggio, segno di una tensione crescente. Ai governisti usciti allo scoperto ieri (Invidia, Alemanno, Barbuto, Pignatone, Martinciglio, De Lorenzis, Sut, Tripodi), oggi si aggiungono Cancelleri, Cimino, D'Arrando, Lorenzoni, Dieni, Grillo.

Ma il numero è destinato a salire, viene riferito a LaPresse da alcuni partecipanti, secondo i quali alla fine i parlamentari 'pro Draghi' saranno ben più di 20. E poi ci sono due big come il capogruppo alla Camera Davide Crippa, notoriamente critico sull'ipotesi di addio all'esecutivo, e i ministri Fabiana Dadone e Federico D'Incà. È quest'ultimo, in particolare, a dare battaglia contro l'ipotesi di portare avanti la crisi: ieri aveva diramato un dossier con l'elenco dei provvedimenti che rischiano di saltare in caso di voto anticipato; oggi insiste e chiede "una tregua tra Conte e Draghi", per "non mettere in difficoltà l'esecuzione delle riforme collegate al Pnrr e i progetti collegati", per "il bene del Paese". Anche perché "in caso di voto anticipato" ci sarebbero "difficoltà nel campo progressista", avverte il ministro.

Tra i parlamentari il clima non è proprio idilliaco. Per la senatrice Giulia Lupo bisogna seguire "la maggioranza e le scelte del Movimento con a capo Giuseppe Conte" e "agli ultimi tiratori scelti che sono rimasti per completare un progetto di distruzione interno al Movimento, chiedo di avere dignità e lasciare adesso". Anche per la deputata Vittoria Baldino "la fiducia incondizionata al governo sarebbe un suicidio politico clamoroso" e "questa crisi è stata provocata avendo come unico obiettivo quello di spaccarci". Replica la deputa e vicepresidente del Copasir Federica Dieni: "La decisione di andare al voto era già stata presa. Ora fare una riunione dopo un video e un ultimatum non serve", taglia corto, mentre per l'onorevole Gabriele Lorenzoni "stiamo fornendo un assist clamoroso a Draghi per lasciare il governo ed addossarci le responsabilità dello tsunami economico che sta per arrivare". E mentre i grillini discutono, il grande ex Luigi Di Maio dà la sua interpretazione: "Conte vuole le elezioni per azzerare gli eletti del Movimento 5 Stelle", dice il ministro degli Esteri, secondo il quale "l'ex premier sta cercando la sua vendetta personale" e "non si dà pace per non essere riuscito a rimanere a Palazzo Chigi", mentre "si sta provocando una crisi che sta regalando il Paese all'estrema destra".

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