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Fuga per la poltrona. Trenta M5s pronti a fare le valigie ma solo se c'è il Draghi bis

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Anche ieri, assemblea fiume in remoto di deputati e senatori del M5s con il leader Giuseppe Conte. Era stata sospesa sabato sera, è ripresa ieri mattina per andare avanti fino alle 18.30. Dopodiché è stata rinviata nuovamente a questa mattina. C’è chi ha fatto qualche calcolo: tra stop and go, i 5stelle sono in conclave da oltre quaranta ore tra Consiglio nazionale, riunioni congiunte, vertici con i ministri e i big; sfiorati i cento interventi, roba da decidere le sorti del mondo. «Puntiamo al record mondiale di riunioni permanenti» ironizza qualcuno, «non ce la faccio più», sbotta un altro.

 

Ma il vero psicodramma è che dopo tutto ciò, tra i pentastellati regna la più grande incertezza su cosa fare mercoledì in Parlamento quando Draghi si presenterà alle Camere: appoggio esterno? Opposizione? Votare la fiducia? O davvero Conte pretende che Draghi risponda uno per uno ai nove punti di programma da lui elencati?

 

Intanto, sembra prendere corpo una nuova scissione. Continua a reggere l’ipotesi che vede almeno una trentina di parlamentari pronti a abbandonare Conte per riabbracciare Luigi Di Maio che in questi giorni gongola come non mai. Fra chi continua a criticare la linea dell’ex premier, ci sarebbero Federica Dieni, Giulia Grillo, Luca Sut, Azzurra Cancelleri, Rosalba Cimino, Vita Martinciglio, Soave Alemanno, Diego De Lorenzis, Niccolò Invidia, Elisabetta Maria Barbuto, Elisa Tripodi, Gabriele Lorenzoni e Celeste D’Arrando. Dal tenore di altri interventi registratisi nel corso dell’assemblea, emerge anche una parte di indecisi. Mentre tra i contiani di ferro, ci sarebbero ancora Daniela Torto, Giuseppe Buompane, Marco Bella, Luigi Gallo, Francesco Silvestri, Angela Salafia, Sebastiano Cubeddu, Teresa Manzo, Vittoria Baldino, Giovanni Currò, Filippo Scerra, Manuel Tuzi, Arnaldo Lomuti, Giulia Lupo, Marco Pellegrini, Tiziana Ciprini.

 

Ma il piccolo esercito di «governisti» è alle prese di un legittimo dilemma: andare via ora dal M5S o restare? «Se prima non sappiamo se Draghi vuole o no continuare a fare il premier, noi dove andiamo?» in estrema sintesi è il chiodo fisso che tiene in stallo la trentina di parlamentari pronta a fare il «salto della quaglia» ma senza precipitare nel burrone. Perché - si sostiene - «se poi andiamo ugualmente al voto perché Draghi si è stancato di fare il premier, allora meglio restare in M5S che andare con Di Maio dove c’è già il tutto esaurito». In sostanza, parliamo di corsa per le poltrone. D’altronde, anche questo è il M5s targato Conte.

E così la telenovela ancora non trova la parola fine. Intanto, l’inossidabile Federico D’Incà non demorde. Il ministro grillino dei Rapporti con il Parlamento in assemblea ha chiesto una tregua, ricordando a tutti, ancora una volta, che vanificare il governo Draghi significherebbe mandare a monte il Pnrr e che c’è una tale giacenza di leggi e di decreti in Parlamento che se si dovesse interrompere la legislatura tutto il lavoro fatto, anche con il contributo dei 5 Stelle, andrebbe per aria. Per non parlare della fine del «campo largo» lettiano.

Federica Dieni, deputata e vicepresidente del Copasir attacca Conte: «La decisione di andare al voto era già stata presa. Ora fare una riunione dopo un video e un ultimatum (quello di Conte ndr) non serve». Le fa eco, Azzurra Cancelleri: «Non basta una diretta online per dialogare con il premier. Non è un modo istituzionale di confronto», avrebbe osservato. Il senatore Gabriele Lanzi, invece, sbotta: «Serve lealtà, chi non segue la linea di Conte vada via».

 

In questa babele, sui social irrompe Alessandro Di Battista, pronto a scendere in campo qualora Conte staccasse la spina al governo, come d’altronde ha sempre sostenuto. Il rivoluzionario grillino della prima ora difende a spada tratta il leader 5 Stelle, per dirla con lo stesso Di Battista, «difendo la verità». «È evidente che Draghi si sia stancato di fare il Presidente del Consiglio - dice ai suoi quasi 80mila seguaci ("Stiamo costruendo una bella comunità...") -. In realtà non l’ha mai voluto fare. Accettò sperando di diventare presto Presidente della Repubblica. Ora prende la palla al balzo per andarsene mentre gran parte della stampa dà tutte le colpe a Conte descrivendolo come un irresponsabile...». Insomma, l’ex falegname scalda i motori.
 

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