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Scuole aperte nel momento peggiore, il governo mette una bomba sui contagi

Franco Bechis
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Questa mattina la scuola italiana riaprirà dove ordinanze locali non hanno impedito di farlo e accadrà in assoluto caos, perché molti insegnanti e ancora di più studenti sono in grado di muoversi dalla propria abitazione perché contagiati dal virus in una delle sue varianti. Quindi da qualche parte interi istituti non sono in grado di riaprire, altrove lo faranno in modo zoppo e fra mille difficoltà. Avremo il primo bilancio in tempo per fare qualche domanda al presidente del Consiglio, Mario Draghi che dopo molte pressioni e giuste polemiche oggi alle 18 finalmente spiegherà agli italiani il suo ultimo decreto legge che introduce l’obbligo vaccinale per gli ultracinquantenni, disegna la ventesima versione in poche settimane del green pass e stabilisce le norme proprio sulla scuola.

 

 

 

Meglio tardi che mai, si dirà. E anche se oggi in molte redazioni si pende dalle parole di Draghi cercando di sapere se si sente ancora un candidato possibile per il Quirinale o se invece proprio in questa occasione pronuncerà la sua gran rinunzia, la vera emergenza è invece capire che cosa il governo abbia in mente di fronte a una pandemia che sfugge con tutta evidenza al suo controllo. Spero di non sentire altri slogan come quelli uditi all’uscita del consiglio dei ministri che non hanno alcuna attinenza né con la realtà né con la verità. Ben si capisce che la linea di questo esecutivo a differenza di quello precedente, ed è più o meno quella che stanno adottando altri paesi europei come Austria e Germania: tenere aperta ogni attività non immaginando più lockdown di sorta, e provare ad abituarsi a convivere con il virus allentando sempre più le regole sulla quarantena sia dei contagiati che dei contatti diretti.

 

 

 

Su questo le norme sono abbastanza simili nei vari paesi. Non proprio uguali: prima di Capodanno l’Austria per esempio ha riportato in vigore il coprifuoco, imponendo la chiusura alle 22 di ristoranti, bar e vari locali. Si continua a dire che nei paesi in lingua tedesca sarebbe in vigore un «lockdown dei non vaccinati», ma questo è del tutto falso: senza vaccino sono impedite attività ludiche, ristoranti e bar, la frequentazione di attività di cura della persona (dalle palestre ai centri estetici) come avviene in Italia, ma in quasi tutti i posti di lavoro si accede anche solo con tampone rapido o con molecolare con la stessa validità riconosciuta in Italia e ai no vax non è impedita la vita all’aria aperta e ovviamente la possibilità di acquistare quel che a loro serve in tutti gli esercizi commerciali.

Non è manco lontanamente definibile un «lockdown». Di fatto lo sarà molto di più in Italia dal prossimo 15 febbraio, quando agli ultracinquantenni non vaccinati sarà impedito di lavorare per almeno quattro mesi. Draghi ha sicuramente questa linea di fondo, ma poi ha tentennato più volte sulle ricette per seguirla. Cinque volte ha cambiato le regole del gioco da fine novembre ad oggi e spesso lo ha fatto creando grande confusione. Sarà uno degli argomenti minori, ma come fa un presidente del Consiglio a decidere il 29 dicembre di cambiare le regole sulla capienza degli stadi e il giorno della Epifania fare una telefonata ai vertici del calcio chiedendo prima di chiudere del tutto e poi di limitare la capienza a 5 mila spettatori massimo?

 

 

 

L’impressione è di un governo che sta perdendo la rotta e aumenti la confusione che oggi dilaga nell’intero paese di fronte a numeri pandemici che nessuna delle autorità politiche e sanitarie aveva previsto. Qualche spiegazione va data. A dicembre il governo aveva battuto il tasto della vaccinazione dei più piccoli, cercando di vincere la riluttanza dei genitori e sostenendo anche attraverso le dichiarazioni dei membri del Cts come i bambini fossero veicolo del contagio e lo subissero essi stessi in maniera grave, con ricoveri in ospedale e in terapia intensiva. Poi all’improvviso questa esigenza è scomparsa ed è stata sostituita dall’obbligo di vaccinazione di chi ha più di 50 anni. Il tutto condito da piani di vaccinazione che mancavano di dosi di alcuni preparati (Pfizer) e da certezze sulla durata della protezione che di settimana in settimana cambiavano radicalmente: sei mesi, e poco dopo invece 5 mesi e dopo ancora 4 mesi. Il tutto senza fornire un solo dato scientifico a sostegno. Al premier chiederei: allora avevate fatto propaganda sui bambini? E perché? Se invece non era propaganda (e qualche numero a sostegno in effetti ci sarebbe), perché riaprire la scuola senza se e senza ma in un momento così difficile con i contagi in crescita esponenziale?

Basta guardare i numeri: dal primo settembre al 21 dicembre la fascia di età in cui i contagi sono cresciuti di più è stata quella fra 0 e 9 anni, seguita da quella fra 10 e 19 anni: la popolazione scolastica. Il tasso di crescita del virus lì è stato il doppio di quello di tutte le altre fasce di età. È evidente che la scuola aperta è un motore della pandemia. Lo è anche per i dati successivi: fra il 21 e il 28 dicembre i contagi fra 0 e 9 anni sono crollati al quinto posto fra le varie fasce di età, proprio perché le scuole erano chiuse.La realtà,  signor Presidente del Consiglio, si guarda negli occhi e se ne prende atto. È inutile intestardirsi sulle proprie idee diverse, tanto vince sempre lei. E le scuole chiuderanno anche restando aperte, per giunta con quelle norme ridicole sulla quarantena inserite nell’ultimo decreto, che differenziano fra lezioni in presenza e quelle in dad, fra permanenza a scuola e ritorno a casa fra vaccinati da meno di 120 giorni e vaccinati oltre 4 mesi: un dato che non è legalmente in possesso di nessun direttore di istituto o insegnante, a meno di clamorose violazioni della legge sulla privacy.

 

 

 

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