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L'ultimo sopruso di Conte. Il piccolo dittatore vieta il Natale

Franco Bechis
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Nel giorno più grave che l’Italia ha vissuto da inizio pandemia, con 993 morti, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha interrotto i telegiornali iniziando alle 20,15 una conferenza stampa da palazzo Chigi. 

Non ha speso una sola parola per quelle vittime e lo strazio delle loro famiglie, non ha nemmeno citato quel dato. Però ha gonfiato il petto e rivendicato: «Nel giro di appena un mese abbiamo piegato la curva dei contagi riportando l'RT sotto l'uno. È un risultato molto significativo. Questi risultati ci confortano». L'uomo - perdonatemi la parolona perché stiamo parlando di ometto - è così: ha sulle spalle la responsabilità del terzo esempio più disastroso al mondo nell'affrontare la pandemia (assai peggio di quello di Stati Uniti e Brasile), ma se ne libera con una scrollatina di spalle, capace solo di guardarsi allo specchio, piacersi da morire e congratularsi con l'immagine che vede riflessa. A forza di ammirarsi è diventato la copia di Charlie Chaplin nella famosa scena del mappamondo del film «Il grande dittatore»: una tragica macchietta (e infatti è piccolo piccolo questo dittatore). Non ha il mondo fra le mani, e non potrebbe averne nemmeno l'ambizione. Si balocca con uno stivale, il dramma è che lì dentro ci siamo tutti noi, gli italiani. L'ometto che non vede la tragedia dei morti perché dovrebbe chiedersi chi ha provocato quella strage che anche nella seconda ondata non ha paragoni in altri Paesi dice per la seconda volta di essere sul punto di avere battuto il virus e se ne compiace: chiede gli applausi. Non ne può ricevere però, perché allo stesso tempo ha legato le mani a tutti, e non possono essere agitate né in segno di festa né per fare conoscere la propria rabbia.

 

Così il premier che racconta la sua magnifica e vincente battaglia contro il virus fa sapere che c'è un solo ostacolo davanti al trionfo finale: gli italiani. Sì, perché sono i cittadini ad essersi presi quel virus non obbedendo davvero alle sue raccomandazioni, rischiando così di rovinarne il certo successo. 

 

Ieri ad esempio Conte come non avesse assicurato in tv una settimana prima di riaprire le scuole sicuramente prima di Natale, con grande nonchalance ha annunciato che questo avverrà solo il 7 gennaio, e non per tutti: per «almeno il 75%». Non mi lamento della giravolta (semmai lo faranno i ragazzi che si sono fidati di lui), avendo insistito più volte sulla follia della riapertura prima di Natale senza avere messo in sicurezza l'operazione scuola come non fu fatto in settembre. Significa che finalmente il premier ha voluto guardare i dati sui contagi verificando l'esplosione incredibile avuta nella fascia di età 0-19 anni, quindi nella popolazione scolastica. Mi aspettavo riconoscesse gli errori compiuti e promettesse ora di mettere soldi e impegno nella riapertura dopo le vacanze: «Abbiamo un piano sui trasporti, diversificheremo gli orari di ingresso e uscita...». Macchè, avrebbe implicitamente riconosciuto un proprio errore, cosa che non gli riesce di fare perché la lingua si attorciglia e dalla bocca proprio non gli può uscire un «Ho sbagliato». Quindi? L'ometto ha puntato il dito accusatorio sugli studenti: si sono contagiati per colpa loro, perché all'uscita della scuola invece di separarsi e correre a casa scambiavano qualche parola lì fuori e in quel modo si sarebbero contagiati. Potremmo inserirla fra le dieci più grandi scemenze pronunciate da un uomo politico nell'ultimo secolo, ma lui ci crede fermamente e manderà i suoi bravi davanti alle scuole quando riapriranno per disperdere i ragazzi, e magari sciogliere gli abbracci con le fidanzatine. 

 

Il grande dittatore de noantri ha messo le mani avanti sul Natale: siccome lui non sbaglia mai e noi cittadini combiniamo ogni disastro, ci metterà per il nostro bene nelle condizioni di non farne altri. Divieto di messa di mezzanotte, divieto di pranzi e cene di Natale e Capodanno perfino con i familiari più stretti se abitano fuori porta o nel comune a pochi km da casa tua: non ci si potrà spostare in quei giorni se non all'interno del Paese o città. Madri e figli non conviventi in quel caso non potranno proprio vedersi, a meno di pagare multe salate. Ma Conte aggiunge la sua «forte raccomandazione» di non vedersi comunque se non si vive insieme nemmeno abitando nello stesso comune. Immagino che lui stesso quindi non vedrà il figlio con cui non convive stabilmente, per dare il buon esempio agli italiani cui si raccomanda. 

Però siccome il premier ha bisogno di soldi, chiede a tutti di fare regali di Natale che versino a lui l'Iva necessaria e per questo allunga alle 21 gli orari di apertura dei negozi, senza manco chiedersi quanto sia grottesco l'invito ai consumi se poi quello che si compra non potrà essere consegnato a Natale ai propri cari che non si dovrebbero vedere. Tutto il Dpcm di Natale è costruito così, senza alcun senso logico o sanitario: lo ha partorito proprio quel Charlie Chaplin che si crede padrone del mondo e fa a suo ghiribizzo. Ci sono altre bestialità, come quella di lasciare aperti gli alberghi a Capodanno chiudendone però i ristoranti interni in contemporanea a quelli già chiusi dalle 18 all'esterno. Al posto del cenone Conte obbliga gli ospiti al digiuno di fine anno, e potete immaginarvi quanti faranno la fila per una stanza negli alberghi. Li avesse chiusi avrebbe dovuto risarcirli, ma l'ometto ha il braccino corto e quindi li chiude senza chiuderli.

 

Ci sono altre perle del piccolo dittatore in quel decreto, e le troverete negli articoli in pagina oggi. Norme da matti, immotivate, irragionevoli e prepotenti. Se qualcuno aveva messo da parte qualche spicciolo per una vacanzina di Natale, non privatevene: violate quelle disposizioni, organizzate il pranzo con figli, fratelli o genitori che risiedono anche in un altro comune infischiandovene. Si rischierà una multa, è vero. Costerà al massimo come la vacanzina di cui vi privano. Ma sai che magnifica vacanza ci si potrà prendere così dall'ometto...
 

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