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Joe Biden, ora i Democratici vogliono fargli la festa. Costretto a rinunciare al secondo mandato

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I leader occidentali anti-Cremlino sono sempre più in difficoltà. La "maledizione di Putin" continua e dopo Boris Johnson, costretto alle dimissioni da primo ministro britannico dopo i numerosi scandali, e le turbolenze interne che hanno colpito Emmanuel Macron, Olaf Scholz e lo stesso Mario Draghi, anche il presidente americano Joe Biden sembra entrato in un vortice che rischia di risucchiarlo. Tra i democratici Usa si fa largo la convinzione, e per taluni la speranza, che l'inquilino della Casa Bianca rinuncerà a ricandidarsi per il secondo mandato.

 

A raccogliere le voci e lo scontento delle gole profonde dem, tutti funzionari e operativi del partito che si occupano dei finanziamenti elettorali, è Repubblica. Lo spartiacque sono le elezioni di midterm, a novembre, che storicamente segnano la prova del fuoco sul gradimento del presidente. Se i Repubblicani vinceranno a mani basse, come viene pronosticato da più parti, a Biden non resterebbe altro che annunciare la rinuncia alla candidatura. 

 

Le speranze, invece, di chi rema nella direzione del commendar in chef sono riposte nella risposta di molti americani alla sentenza della Corte Suprema che di fatto concede ai singoli stati di legiferare autonomamente sull'aborto, divenuto così illegali in un pezzo importante di America. I fondi a sostegno dei Democratici arrivano, ma è tutto da vedere se giovani e donne andranno a votare in massa. I militanti del partito sono "esasperati dalla cautela del presidente su temi come aborto, armi, allargamento della Corte Suprema", e si prevede una debacle alle urne con il GoP che prenderà di sicuro la maggioranza alla Camera. 

 

E così nelle stanze del partito di Biden di fatto si è già aperta la discussione sulla successione. I più accreditati sono i governatori di California (Gavin Newsom), Illinois (Jay Robert Pritzker ) e New Jersey Phil Murphy. Ci proverà anche la vicepresidente Kamala Harris, ma "con poche chance". A uno di loro toccherà sfidare l'ex presidente Donald Trump, tornato in campo ma ancora alle prese con il caso dell'assalto a Capitol Hill? Non è detto. Le voci raccolte dal quotidiano all'interno del partito Democratico ritengono che alla fine The Donald sarà incriminato e questo lo taglierà fuori dalla competizione. Ma per loro non è una buona notizia. Alle spalle di Trump scalpitano le nuove leve repubblicane, "migliori e assai più pericolose" del tycoon. Due nomi su tutti: il governatore della Florida Ron DeSantis e quello della Virginia Glenn Youngkin. 

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