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«Rinuncio al Giro per Pantani»

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Gotti, vincitore del '99: se annullano la squalifica a Marco pronto a cedere il titolo L'INTERVISTA Velo: chiunque poteva manipolare quei test

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Quasi si scusa, Ivan Gotti, per aver vinto quel Giro d'Italia. È l'edizione del '99, quella in cui Marco Pantani, lanciatissimo verso la conquista della corsa rosa, viene fermato alla penultima tappa dai controlli dell'Uci: ematocrito troppo alto, sospeso dal Giro e carriera compromessa. Quel 5 giugno a Madonna di Campiglio il Pirata comincia a la sua inesorabile discesa nell'inferno della depressione prima e della cocaina poi. La procura di Rimini su quei fatti ha aperto un'inchiesta per associazione a delinquere finalizzata alla frode sportiva ipotizzando un complotto legato alle scommesse clandestine della camorra. Indagine che segue quella di Rimini per ribaltare la causa della morte, il 14 febbraio 2004, da overdose a omicidio volontario. Ora il patron della Mercatone Uno, la squadra storica del Pirata, Romano Cenni, chiede alla giustizia sportiva l'annullamento di quella squalifica e l'assegnazione al campione cesenate del Giro del '99. Edizione vinta, con la morte nel cuore, da Ivan Gotti. «Accetterò con serenità le decisioni che arriveranno», dichiara a Il Tempo il ciclista bergamasco, due vittorie al Giro, nel '96 e nel '99. «Riscrivere la storia di quella corsa non è un problema rispetto a quanto successo al povero Marco. Se assegnassero a lui quel Giro non mi sentirei privato di qualcosa. Sono pronto a rinunciare». Come detto Gotti quasi si scusa per aver vinto sul Mortirolo conquistando la maglia rosa, indossata fino alla passerella di Milano. «Quel giorno ho fatto la mia tappa. Ero secondo (dietro a Savoldelli, ndr), qualcuno doveva pur vincere». Romano Cenni ha deciso di punto in bianco, una sera a cena, di fare la sua parte per restituire dignità al suo campione. Ha dato mandato all'avvocato Marco Baroncini di indagare sulla possibilità di richiedere l'annullamento della sospensione «per tutela della salute dell'atleta», come recitava - con molta ipocrisia - la formula usata a quei tempi. Il legale milanese sta lavorando per produrre nuove evidenze relative soprattutto alla metodologia scientifica usata per il prelievo. Certo, anche se dovesse cadere la sospensione per squalifica la vittoria a tavolino del Giro non sarebbe automatica. «Esiste un precedente, però - spiega il legale - il rallista Umberto Scandola nel 2012 fu fermato in una tappa del campionato italiano da alcuni chiodi sulla strada. Dimostrammo che erano stati messi dolosamente e gli fu assegnata la vittoria che lo portò al titolo». I chiodi erano stati fissati su una banda di plastica messa di trasverso sulla strada. Una prova inoppugnabile. Oggi si tratta di dimostrare la presunta manomissione di una provetta di sangue presa 15 anni fa. «Per ora non c'è la certezza del dolo ma solo un dubbio - conclude Baroncini - ma è sempre il dubbio che porta alla verità».

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