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Ora l'Inter è più vicina

La presentazione al Milan di Zlatan Ibrahimovic a San Siro

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L'Inter è più vicina. Questa la sentenza espressa dall'estate del calcio, che ha nel mercato il suo affascinante punto di riferimento. Più vicina soprattutto ai cugini, avviliti e umiliati in queste ultime stagioni, e ora disposti a mettere sul piatto un rilancio pesante per recuperare le ambizioni smarrite. Robinho l'ultimo tassello di un Milan che aveva sbalordito con l'arrivo di Ibrahimovic, la scommessa perduta dal Barcellona che ha preferito rimetterci un bel po' di soldi pur di garantire serenità al suo Pep Guardiola pigliatutto. Non facile affermare che si sia ristabilito un equilibrio smarrito da un quinquennio, però la distanza siderale che la vigilia del campionato aveva suggerito si è ridotta fino a tornare a livello umano. Ma più vicina è anche la Roma, che non smette di sorprendere con le sue anomale e bislacche vicende: arriva Borriello, centravanti che Ranieri aveva invocato, implicitamente ammettendo il fallimento della puntata sulla casella Adriano. Non è una villetta bifamiliare, però è stata derminante la concessione di un mutuo, quello che Unicredit ha concesso, dando la svolta decisiva all'operazione. Per le scadenze, si ricorrerà ai soldi dell'Europa e delle televisioni, una volta che il mercato in uscita sta palesando ancora una volta tutti i problemi originati da operazioni infelici. Le agonizzanti casse sociali restano ostaggio dei capricci di Julio Baptista, una volta accertato che Cicinho non lo vogliono neanche i club più disperati. Il no al Genoa di Preziosi è qualcosa di totalmente incomprensibile, sembra proprio che il brasiliano voglia privilegiare un soggiorno romano a stipendio pieno senza dover lavorare per guadagnarselo, resta il dubbio che l'intera vicenda non sia state gestita con particolare sagacia. Un capitolo a parte merita l'analisi del minestrone juventino, una campagna nella quale riesce difficile identificare la riconosciuita sapienza di mercato di Beppe Marotta. Nella girandola di partenze, poche, di qualche rottamazione (Cannavaro, Camoranesi, Trezeguet, Zebina) e di una valanga di acquisti, arduo individuare un solo nome realmente suggestivo.   Ultimo arrivo, Rinaudo. Boh? Zona Europa: ha speso tanto, e apparentemente bene, il Genoa di Preziosi, attento a curare il suo giocattolo preferito. Movimenti per Napoli e Palermo, senza modificare un livello già elevato, applausi per la Fiorentina di Corvino, tre soli arrivi, D'Agostino la gemma, due sole partenze, niente fumo negli occhi ai tifosi. La giostra dunque si ferma, dopo le giravolte sempre più accentuate degli ultimi mesi, però non è il finale al rallentatore caratteristico del Luna Park. Anzi, all'infantile divertimento si aggiunge il fragore dei fuochi d'artificio, quelli che il calciomercato tradizionalmente regala prima che le lancette dell'orologio impongano la chiusura. Che magari non è uguale per tutti, proprio come le altre leggi del calcio, qualche trucchetto si tollera, magari buste lanciate oltre i pannelli dei box ormai serrati, è accaduto in tempi non lontani. Nell'avventura talvolta folle dell'estate che produce sogni, illusioni, glorie vaghe o delineate, prima che le stagioni più crude irrompano a sbatterti in faccia amare realtà, qualcuno si è lanciato nel rispetto della logica, altri hanno privilegiato rischi più accentuati, allo sbaraglio. Dalla fabbrica dei grandi sogni a quella delle modeste speranze non esiste una differenza accentuata, l'inseguimento alla salvezza vale, per le rispettive protagioniste, quanto quello alle posizioni che vanno dallo scudetto alla promozione in Europa, quella che conta davvero, non l'estenuante maratona della League che spesso compromette una stagione. Orientamenti divergenti, per la politica delle neopromosse e delle squadre che avevano raggiunto una sofferta salvezza. La maggioranza, però, ha privilegiato la quantità a una qualità del resto fuori portata per le risorse economiche dei club di terza schiera. Se non altro, si offrono ai giovani, più o meno talentuosi, opportunità che i grandi club ostinatamente negano, una volta che mecenati e tifosi invocano risultati immediati.

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