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Quota 41 e reddito di cittadinanza, la sfida dei programmi da Lega a M5s

Pietro De Leo
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È stata la campagna elettorale più anomala della storia repubblicana. Prima, sovrastata dal calendario, con gli italiani in vacanza, giustamente a interruttore spento e la politica che appariva come rumore di fondo tra sessioni di abbronzatura e grigliate. E poi, al rientro, l’uragano del caro energia, lo spettro del razionamento dei consumi, la mannaia dell’inflazione. A far da contorno a tutto questo, lo spettro sollevato dal Pd di un imminente pericolo democratico qualora vinca il centrodestra. Tutto ciò ha fatto sì che i programmi passassero in secondo piano, sfumati rispetto alla pugna verbale quotidiana. E che, alla fine, nonostante ci sia mai come ora necessità di capire «chi vuol fare cosa» a prevalere sono state, ancora una volta, paure e suggestioni. Per questo motivo, Il Tempo ha messo in fila le proposte più qualificanti dei singoli partiti. Ovviamente, ogni programma è ben più ampio di così, ma abbiamo isolato quell’idea «bandiera» che ha contrassegnato, per ogni forza politica, la campagna elettorale.

Fratelli d'Italia

Ormai da tempo Giorgia Meloni, raccogliendo un’eredità programmatica radicata nel centrodestra, insiste su un punto: l’elezione diretta del Presidente della Repubblica. Questo è l’oggetto di una proposta di legge presentata dal partito, prima firmataria proprio la leader. Peraltro, l’impasse registrata nel passaggio quirinalizio di quest’anno ha rafforzato la convinzione in questa proposta che, secondo Fratelli d’Italia, agevola la stabilità di governo. Secondo il programma, il nuovo profilo istituzionale del Presidente della Repubblica si avvicinerebbe al modello francese. A lui spetterebbe dirigere la politica generale del governo, presiederebbe il Consiglio dei Ministri, nominerebbe il Primo Ministro e, su proposta di questo, avrebbe la facoltà di revocare i ministri. Verrebbe meno il ruolo attuale di guida del Csm perché, stante l’elezione del «nuovo» Capo dello Stato a suffragio universale, ciò contrasterebbe con l’indipendenza della magistratura. 

Lega

Il superamento della legge Fornero è un obiettivo che ha «accompagnato», sin dagli albori, il percorso della leadership di Matteo Salvini. Riaffermato anche in questa campagna elettorale, dove la Lega introduce un altro meccanismo, ossia «quota 41». Tradotto: «i lavoratori raggiungono il diritto alla pensione anticipata di anzianità con 41 anni di contributi. Per le donne si aggiunge un altro anno di contributi figurativi per ogni figlio». Ma sono molteplici gli obiettivi che il partito di Via Bellerio si pone, a partire da un trattamento minimo di 1.000 euro di garanzia per i giovani che hanno avuto carriere interamente nel regime contributivo. E ancora la rivalutazione degli assegni sulla base degli indici Istat, l’evoluzione strutturale di «opzione donna» e l’Ape Social, ossia l’anticipo pensionistico. Si tratta di un’indennità a carico dello Stato erogata dall’Inps a soggetti in possesso di requisiti particolari. Altro punto, poi, è il riscatto della laurea.

Forza Italia

Il mantra berlusconiano di «meno tasse per tutti» si ripropone con la riforma fiscale in direzione della «tassa piatta», sogno di Antonio Martino, economista liberale, tessera numero 2 di Forza Italia scomparso all’inizio di quest’anno. E che Berlusconi ha spesso evocato durante questa campagna elettorale. Ebbene, gli azzurri puntano a introdurre un’aliquota unica al 23%, con una no-tax area fino a 13 mila euro di reddito. L’ex premier, anche in chiusura della campagna elettorale, ha definito questa riforma «la madre di tutti i provvedimenti per far ripartire il Paese». Secondo gli azzurri, inoltre, l’aliquota unica sarebbe «in grado di eliminare l’evasione e l’elusione fiscale con la conseguenza di far aumentare il gettito per lo Stato con sistemi di detrazione e deduzione a garanzia della progressività dell’imposta». Sul punto Arthur Laffer, già consigliere di Ronald Reagan, in un’intervista a Repubblica aveva affermato: «L’Italia sarebbe un posto ideale per una flat tax».

 

 

 

Partito Democratico

Al di là del racconto costante sull’allarme democratico in caso di vittoria del centrodestra, è stato un altro il tema che, sul piano programmatico, ha contraddistinto la campagna elettorale del Partito democratico. Letta ha calato l’asso già all’inizio della sfida, intervistato dal direttore del Tg2 Gennaro Sangiuliano: la dote ai neomaggiorenni. Se ne ritrova la spiegazione nel programma: «Dotazione di 10.000 euro, erogata al compimento dei 18 anni sulla base dell’Isee familiare, per coprire le spese relative alla casa, all’istruzione e all’avvio di un’attività lavorativa. I costi di questa misura - si legge nel testo - saranno prevalentemente coperti dagli introiti aggiuntivi derivanti dalla modifica dell’aliquota dell’imposta sulle successioni e donazioni superiori ai 5 milioni di euro (pari allo 0,2% del totale delle eredità e donazioni in Italia). Insomma, una mancia per i più giovani ricavata alzando una tassa.

Movimento 5 Stelle

Il nuovo corso del Movimento 5 Stelle ha visto, in questa campagna elettorale, un radicamento ben preciso di Giuseppe Conte nella geografia politica. Non più un partito post-ideologico, ma calato nel mare progressista. Questo percorso ha avuto due pilastri: uno territoriale, che sta nella concentrazione degli sforzi prevalentemente al Sud, e uno tematico, con la strenua difesa del reddito di cittadinanza. Nel programma elettorale del Movimento 5 Stelle leggiamo, che, per quanto riguarda lo strumento, si prevede «l’aggiornamento dei parametri per le famiglie numerose e per le persone con disabilità, nonché introduzione di condizioni di accesso per i cittadini extracomunitari oltre che la compatibilità, per i lavori stagionali, con il reddito di cittadinanza fino a 3000 euro annui». Difesa strenua dello strumento, dunque, che Conte ha perpetrato anche in campagna elettorale anche con toni molto alti, arrivando persino ad evocare «la guerra civile» in caso di suo superamento.

Terzo Polo

Il dato politico della campagna del Terzo Polo è stata l’evocazione costante di un «Draghi-dopo Draghi». Sul piano programmatico, invece, il tema energetico è stato quello che ha contraddistinto di più la sinergia Renzi-Calenda. Anzi, per certi aspetti anche la genesi del progetto. Quando Calenda aveva già stretto l’alleanza con il Pd, e il leader di Italia Viva si era avviato alla corsa solitaria, questo dossier aveva fatto emergere i contrasti con il lato sinistro della compagnia, ossia Verdi Sinistra Italiana. Fino, poi, alla retromarcia di Azione. Dunque, nel programma, si punta a «completare con procedure straordinarie la costruzione di due rigassificatori galleggianti» per il trasporto di gas naturale liquefatto. Ancora, oltre al rafforzamento della strategia sulle rinnovabili, si vuole «aumentare la produzione di gas nazionale riattivando e potenziando gli impianti già esistenti». E poi, nel «lungo periodo», comprendere il nucleare nel nostro mix energetico. 

 

 

 

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