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Enrico Letta sotto assedio per l'alleanza col M5S. L'asse rischia grosso: Pd al bivio

Dario Martini
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«Basta con il M5S, apriamoci a Renzi, Calenda e Bonino». Se prima di queste Amministrative questa richiesta a Enrico Letta era solo sussurrata, oggi il malcontento nel Partito democratico si traduce in un'istanza esplicita a cambiare schieramento. Molti parlamentari Dem chiedono al segretario di abbandonare Giuseppe Conte al suo destino, perché replicare questa alleanza alle Politiche sarebbe un suicidio. I risultati usciti dalle urne, infatti, sono chiari. Il Pd è andato meglio nei Comuni dove si è presentato da solo. Il cosiddetto «campo largo», per usare le parole del sondaggista Renato Mannheimer, si è rivelato «un orticello». In alcune città, come L'Aquila, Palermo, Catanzaro e Parma i candidati grillini sono stati surclassati da quelli di Azione. Il senatore Dem, Andrea Marcucci, lo dice chiaramente: «I risultati ci dicono che il Pd per competere deve avviare un dialogo con Azione, Italia Viva e i civici. I nostri candidati vanno bene a Padova, a Verona e a Lucca anche senza l'alleato 5 stelle, mentre nelle città in cui si è misurato il campo largo, i risultati sembrano insufficienti. Mi auguro che di fronte a queste evidenze, il Pd arrivi alle giuste contro misure».

 

 

Tra i risultati più emblematici c'è quello de L'Aquila. L'asse Pd-M5S sosteneva Stefania Pezzopane, che ha mancato il secondo posto, finendo terza dietro ad Americo Di Benedetto, sostenuto proprio da Azione. La lista pentastellata, quando erano state scrutinate 31 sezioni su 81, non superava lo 0,8%. È significativo anche il caso di Genova, dove non c'è stata proprio partita, con la riconferma del sindaco di centrodestra Marco Bucci, che contava anche sull'appoggio di Renzi e Calenda, con i loro esponenti inseriti in due liste civiche (Vince Genova e Genova Domani). Il M5S, che assieme al Pd sosteneva Ariel Dello Strologo, non è arrivato neppure al 5%. Il crollo grillino e l'ascesa calendiana è andata in scena anche a Catanzaro a Palermo. Quasi non pervenute le liste penstastellate. A Parma, invece, il Pd si è presentato senza i grillini. E, non a caso, il candidato Michele Guerra si è piazzato nettamente al primo posto. Stesso copione a Verona: con Damiano Tommasi al primo posto in una coalizione che vede presenti Pd, Azione e non il M5S.

 

 

Ieri al Nazareno a commentare i risultati non c'era Letta, a Parigi per partecipare a un evento organizzato da Sciences Po. Il leader Dem, però, in serata ha pubblicato un video su Instagram in cui ha sottolineato che il Pd «è la prima forza politica in Italia, un risultato che ci investe della responsabilità di costruire una coalizione democratica, progressista e riformista alternativa alla destra e fondata su programmi concreti». Il problema è con chi mettere in piedi questa proposta politica. Calenda guarda da un'altra parte, verso il centro: «È nato un terzo polo che guarda a +Europa e alle liste civiche. C'è una vasta area che si è affermata con consensi che vanno dal 12 al 25%, con i nostri candidati che non si sono alleati né con la destra né con la sinistra. Si tratta di un'area del 20% che bisogna coltivare». Mentre Matteo Renzi guarda già alle Politiche: «Il grillismo è finito. Abbiamo posto le basi per superare il M5S».

 

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