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Alle Amministrative vince il centrodestra, fallisce il «campo largo». Sparizione del Movimento 5 Stelle

Carlo Solimene
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Il centrodestra unito è maggioranza nel Paese. Il «campo largo» sognato da Enrico Letta rischia invece di celebrare il suo funerale al primo test elettorale. È questo il responso delle Amministrative che hanno coinvolto 26 Comuni capoluogo, penultima prova generale in vista delle Politiche 2023 l'ultima saranno le Regionali in Sicilia in Autunno - destinata a incidere non poco sulla restante navigazione dell'esecutivo di Mario Draghi. Il centrodestra, si diceva. Il dato delle urne è inequivocabile. La coalizione, dove si presenta compatta, è addirittura travolgente, incassando al primo turno alcune delle principali città al voto. A partire dai due Comuni più popolosi, Palermo e Genova. Per arrivare a L'Aquila, Asti, Belluno e Oristano. Al contrario, le divisioni regalano una chance al centrosinistra, come segnala il caso di Verona. Ed è proprio questo il tema che la coalizione si troverà ad affrontare nei prossimi mesi. Perché la vittoria è in qualche modo «asimmetrica». Premia, in particolare, Fratelli d'Italia, che si ritrova primo partito anche nel nord (ex) leghista. E penalizza, appunto, il Carroccio. Che arretra quasi ovunque e ha un leader che esce ammaccatissimo dalla fallimentare consultazione popolare sulla giustizia.

 

 

Di fatto le urne certificano il primato di Giorgia Meloni che, stando alle vecchie «regole d'ingaggio», dovrebbe essere la candidata premier della coalizione e, soprattutto, fare man bassa delle candidature nei collegi uninominali alle prossime Politiche. Andrà verificato come la Lega reagirà a questo nuovo status. A Via Bellerio si respira un'aria pesante, anche se al momento gli attacchi «ufficiali» a Salvini arrivano per lo più da vecchi dirigenti fuori dal giro, come Roberto Castelli. Il fatto che Meloni e Salvini abbiano subito battibeccato sulla permanenza di Lega e Fi nella maggioranza di governo non autorizza ottimismo sui nuovi assetti. Clima decisamente peggiore, però, si respira a sinistra. Il Pd, è vero, conferma al primo turno Padova e Taranto, conquista Lodi e sogna il colpaccio a Verona e Parma. Al Nazareno, peraltro, vantano anche la palma di primo partito quasi in tutta Italia. Ma lo fanno soprattutto a scapito dell'alleato principale, quel M5s sprofondato a percentuali da prefisso telefonico persino nel Sud che doveva rappresentarne la roccaforte. Il caso emblematico è quello dell'Aquila, dove la candidata «rossogialla» Stefania Pezzopane arriva addirittura terza, sorpassata dal centrista Di Benedetto. Insomma Enrico Letta, il segretario che rifiutava la vocazione maggioritaria e la corsa solista, si ritrova ugualmente solo per la scomparsa degli alleati. A meno che non decida di cambiare schema e guardare al centro, a quei Matteo Renzi e Carlo Calenda che, almeno a livello locale, hanno dimostrato di poter puntare a risultati a doppia cifra.

 

 

In quanto al governo, può guardare al risultato in chiaroscuro. Perché da un lato si trova al cospetto di partiti ancora palesemente non pronti per misurarsi con le urne né per intestarsi la gestione della crisi internazionale e dello spread montante. Dall'altro, dovrà fare i conti con i due soci di maggioranza più numerosi in Parlamento - Lega e M5s - costretti a leccarsi le ferite. Il rischio che il malcontento venga riversato sull'attività di Palazzo Chigi, insomma, è concreto, e i primi segnali sono già arrivati. Con la Lega che invoca modifiche della riforma del Csm e i Cinquestelle che promettono battaglia tanto sull'invio di armi all'Ucraina che sul termovalorizzatore di Roma. L'ultimo anno di governo rischia di trasformarsi per Mario Draghi in una vera e propria via crucis. La notazione finale riguarda la legge elettorale. Tutti aspettavano l'esito delle Amministrative per comprendere quante possibilità ci sarebbero state per un ritorno al proporzionale. Il successo del centrodestra unito e le parole di Salvini -«il proporzionale alimenterebbe confusione, partitini e trasformismi, il maggioritario costringe ad andare d'accordo» - sembrano mettere una pietra tombale sulle ipotesi di superare il Rosatellum. Anche da questo punto di vista il centrodestra parte avvantaggiato, mentre a sinistra è letteralmente tutto da rifare. In politica un anno è un'era geologica e tante cose potrebbero ancora cambiare. Tuttavia Meloni, Salvini e Berlusconi sembrano avere a disposizione un'occasione storica. Mettere da parte frizioni e ambizioni personali è l'unico errore da evitare per non sciuparla.

 

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