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Il centrodestra si butta via. Provinciali, a Latina e Viterbo vincono i candidati dell'inciucio Pd-FI

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Già il dialogo nel centrodestra non sempre è facile, per utilizzare un eufemismo. Ma quel che è accaduto nel Lazio nella tornata di provinciali che si è svolta l’altroieri rischia di fibrillare. A livello locale sul frangente immediato. Poi, successivamente, forse anche in vista delle elezioni regionali. E chissà se le tensioni non si rifletteranno anche sulla nazionale.

 

Il bilancio, infatti, vede un’alleanza tra Forza Italia e Pd (più altre sigle) per il rinnovo delle presidenze di Viterbo e Latina, in contrapposizione a Lega e Fratelli d’Italia. Dunque a Viterbo vince Alessandro Romoli, sindaco di Bassano in Teverina, un civico di area Forza Italia appoggiato dai dem. Quest’ultimo ha ottenuto circa 58mila voti ponderati a fronte dei 33 mila del competitor Alessandro Giulivi, primo cittadino di Tarquinia e sostenuto dal partito di Matteo Salvini e quello di Giorgia Meloni. Questa divisione nel blocco moderato-identitario potrebbe avere ripercussioni proprio sull’amministrazione del Comune della Tuscia, a guida centrodestra con un sindaco di Forza Italia, Giovanni Arena.

 

A Latina, invece, stesso schema ma equilibri opposti. Vince il sindaco di Minturno, Gerardo Stefanelli, ex Pd ora di area centrosinistra (53 mila voti ponderati circa), con l’appoggio di Forza Italia, Movimento 5 Stelle e liste civiche. Perde il sindaco di Itri, Giovanni Agresti, 40mila voti ponderati, appoggiato da Lega e Fratelli d’Italia.

 

Dunque una partita elettorale che non sarà indolore. Uno stato delle cose che, ieri sera, faceva esultare il Pd, con segretario regionale Bruno Astorre a sottolineare «grande soddisfazione per le Provinciali del Lazio». Sottolinea, Astorre, la conquista di Latina e il fatto che a Viterbo la lista Tuscia Democratica è risultata la forza di maggioranza relativa. La tornata poi ha visto il rinnovo del consiglio provinciale a Frosinone, dove il Pd conquista 4 seggi, 3 la Lega, 2 Fdi, così come Polo Civico, e uno per conto di Provincia in Comune. A Rieti, invece, 6 consiglieri vanno al centrodestra e 3 al centrosinistra. Uno, invece, al Terzo Polo.

E in questa tornata che ha fornito assetti inediti e sorprese (non solo nel Lazio) ecco che emerge anche la prospettiva di un nuovo cambio di assetto giuridico per le Province. Sì, perché dalla chimera dell’abolizione al succedaneo della riforma Delrio (che è un né né) ora si compirà un passo verso il ritorno al passato. Sì, perché un disegno di legge collegato alla manovra ha in animo modifiche sostenziali. Ad esempio c’è il rispristino dell’organismo di Giunta, sia per le Province così come nelle città metropolitane. Il numero degli assessori sarà 3, o 4 per i territori con oltre un milione di abitanti, e avranno anche un riconoscimento economico, pari alla metà rispetto agli assessori comunali. Potranno inoltre essere nominati anche figure esterne. I consigli avranno il mandato di 5 anni, in luogo dei 2 attuali. E poi è prevista anche un’implementazione delle funzioni, in scia con quelle delle città metropolitane. Rimane, però, una differenza di fondo rispetto al passato: l’elezione continuerà ad essere di secondo grado.
 

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