Cerca
Logo
Cerca
Edicola digitale
+

Zona rossa, riecco chiusure e indennizzi: Draghi non cambia musica

Franco Bechis
  • a
  • a
  • a

Ieri mattina mi sono arrivati più messaggi di presidi e professori di scuola giustamente preoccupati: “quando si saprà se la scuola qui nel Lazio lunedì sarà chiusa o aperta?”. Perché se fosse scattata la zona arancione scuole elementari e in tutto o in parte le medie sarebbero state aperte facendo lezione in presenza. Ma con la zona rossa (poi decisa), tutti gli alunni sarebbero restati a casa dal primo giorno della prossima settimana. A loro serviva saperlo perché così era possibile fornire agli studenti gli strumenti necessari a continuare le lezioni a casa con le lezioni a distanza. Ma la notizia che aspettavano e che noi non potevamo garantire è arrivata ancora una volta solo nel pomeriggio, quando ormai era troppo tardi

 

Per l'ennesima volta in questo ultimo anno con incomprensibile cocciutaggine il governo in carica ha preso decisioni che impattano sulla vita dei cittadini italiani avendo presente qualsiasi cosa meno quella vita stessa. Lo faceva Giuseppe Conte, si è comportato allo stesso modo Mario Draghi. Eppure che cambia al gruppo di scienziati e soloni che adottano queste scelte per altro discutibilissime, di anticiparle di un solo giorno? Fare il punto ultimo sulla situazione dei contagi il giovedì invece del venerdì e adottare i conseguenti decreti sui colori dei territori non costerebbe nulla, ma avrebbe il vantaggio di concedere il tempo minimo necessario per prepararsi alle nuove regole. Così non è stato, perché a palazzo puoi cambiare chi vuoi, ma se nessuno conosce la vita quotidiana di quelli che si vuole governare, non la si tiene in alcun conto. Spiace perché su questo aspetto per nulla secondario il governo Draghi è in assoluta continuità con quello precedente. Se la sola scelta è quella di chiudere gli italiani in casa ovunque avvisandoli pure troppo tardi, bastava lasciare al suo posto Conte: in questo era un campione. 

 

 

La vita degli italiani è fatta anche di altre cose che lassù possono sembrare banali. Portare qualcosa in tavola tutti i giorni, possibilmente a pranzo e cena. Potere vestire con dignità i membri della propria famiglia. Onorare tutti i pagamenti che servono: per un tetto sopra la testa, per la luce accesa, per il gas che serve a cucinare qualcosa e talvolta a scaldarsi. Se oltre una famiglia e una casa devi tenere in piedi una piccola impresa, anche piccola come un bar o una trattoria, hai bisogno di ricavi per pagare le spese fisse (dipendenti, affitti, fornitori). Con questi problemi milioni di italiani hanno vissuto in modo complicato gennaio e febbraio grazie alle scelte dei governi e dei colori regionali. Chiusi la sera perdendo più della metà degli incassi, talvolta chiusi anche di giorno. Quando scattarono a gennaio quelle nuove tagliole a tante tasche, si disse: “Non preoccupatevi, adesso arrivano nuovi ristori”. Ma non sono arrivati a gennaio. E nemmeno a febbraio. 

 

 

C'è stata la crisi politica, il cambio a palazzo Chigi. Ma non è colpa di quelli che avevi chiuso e non incassavano un euro. Con l'arrivo di Draghi - si diceva - “vedrete che tutto cambia, altro che le pene nei tempi di Conte! Si sta lavorando al nuovo decreto ristori, e non li chiameremo più così!”. Proprio un cambio radicale di prospettiva, si assicurava. Mica tanto: nulla per due mesi, nulla la prima metà di marzo. La sola cosa che cambia - e in peggio - è che sono arrivate prima nuove e peggiori chiusure di ristori piccoli o grandi per quelle vecchie. Oggi si dice: arriveranno, la prossima settimana, “subito sul conto!”. Bisogna fare un applauso? Ti arriva a fine marzo quello che ti serviva per mettere un secondo piatto in tavola a gennaio e nel frattempo ti hanno tolto pure la tavola: devi pure ringraziare?

Caro presidente del Consiglio Draghi, non è questo il cambio di passo che ci si attendeva dal suo arrivo. Lei giustamente non vuole promettere quello che non è in grado di mantenere, e le fa onore. Ma qui non si tratta di promesse. Sono atti dovuti e non onorati con grave ritardo: arriveranno - pensi come si deve sentire questa povera gente - addirittura dopo l'annuncio da Lei fatto di un aumento di stipendio agli statali - sacrosanto - ma di cui beneficia la sola categoria di italiani che non ha perduto nulla nell'ultimo anno. Prima di ogni cosa metta quel piatto in tavola a chi l'ha perduto. Poi penserà al resto.

 

Dai blog