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25 Aprile, i veri partigiani siamo noi. Invece di far festa restituiteci la libertà

I partigiani non temevano la morte. Noi sì. E ci siamo lasciati rinchiudere

Massimiliano Lenzi
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I partigiani - cattolici, liberali, monarchici, socialisti, comunisti, azionisti - non avevano paura di morire. O meglio: magari la avevano ma il loro desiderio di libertà era infinitamente più grande della paura di finire al camposanto. Ieri nelle celebrazioni del 25 aprile italiano ai tempi del coronavirus, quello meno libero di sempre dalla fine del fascismo ad oggi, con gli italiani obbligati ad autocertificare le proprie uscite (si esce solo per ragioni alimentari, di lavoro o di cura) e con tutte le nostre libertà sospese, dai limiti alla circolazione (articolo 16 della Costituzione) ai divieti di riunione (articolo  17), dalla chiusura di scuole (articolo 33), chiese (articolo 19) e tribunali (articolo 24) alle limitazioni alla proprietà privata, con il divieto di raggiungere le seconde case (articolo 42), dalla chiusura di cinema, teatri, musei, bar, ristoranti, imprese e attività commerciali e professionali (articolo 41) sino alle note limitazioni alla libertà personale (articolo 13 Cost.), la contraddizione era evidente. Si celebrava retoricamente la libertà mentre stiamo vivendo il momento meno libero della nostra Repubblica e gli italiani, dal 1945, hanno meno libertà di sempre. Un unanimismo celebrativo caro ai professionisti del 25 aprile, di maniera, ma che dovrebbe far riflettere i giornali, i media, la nostra classe politica e le nostre istituzioni più alte. C'ha messo meno tempo il coronavirus a togliere le libertà agli italiani che Benito Mussolini 98 anni fa. Ferme restando le differenze tra il fascismo e la pandemia di oggi, ovvie (ma lo sottolineiamo per gli stolti, e sono tanti, sempre pronti a dare del fascista a chiunque non la pensi come loro), dovremmo almeno interrogarci sulle conseguenze. Oppure quando il calendario segna in rosso 25 aprile bisogna sventolare le bandierine tricolori, come le cheerleader prima delle partite nel football americano? A noi il tifo non è mai piaciuto e quando si celebra una giornata importante, legata ad una data storica, per le nostre libertà riconquistate bisogna sempre interrogarsi sulle nostre libertà oggi. Interrogarsi. Senza sconti. È quello che stanno facendo nelle democrazie occidentali, in questi tempi di restrizione soffocante dei nostri diritti, ai tempi del coronavirus. In Francia ad esempio, su un quotidiano autorevole come “Le Figaro” il dibattito sul tema delle nostre libertà sequestrate si è aperto da tempo. Un intellettuale come Maxime Tandonnet, in proposito, ha scritto: “La libertà è un principio per il quale milioni di persone hanno dato la vita in passato. Il confinamento obbligatorio dell'insieme della popolazione la sospende. (..) Il principio generale di libertà è scritto nella dichiarazione dei diritti dell'uomo e dei cittadini del 1789, esso fa parte degli attributi elementari che fanno dell'uomo un essere libero”. E ancora: “Il confinamento obbligatorio a domicilio dell'insieme della popolazione di uno Stato, unito ad una stretta regolamentazione di uscite autorizzate e di sanzioni sotto il controllo delle forze dell'ordine, è una situazione profondamente atipica nella storia delle democrazie liberali. Non esiste equivalente storico, nemmeno nei periodi più bui. Il confinamento autoritario delle popolazione è né più né meno che una sospensione della libertà. Che altri paesi abbiano adottato le medesime misure non cambia niente. (..) L'obbiettivo è di salvare delle vite evitando la saturazione degli ospedali. Tuttavia, considerata la gravità di una tale misura di sospensione della libertà, non è vietato interrogarsi sulle soluzioni alternative che erano possibili e che a diverso grado hanno prevalso in altre democrazie liberali quali Svezia, Paesi Bassi, Svizzera, Germania. Inoltre, la misura di sospensione di una libertà per restare compatibile con le esigenze della democrazia deve essere proporzionale all'obiettivo ricercato e di durata limitata nel tempo”. E poi: “Quali  ragioni giustificano una applicazione giacobina, uniforme su tutto il territorio nazionale, mentre dei settori geografici sono infinitamente meno toccati rispetto ad altri?”. Sempre su “Le Figaro”, sul tema è intervenuto anche Pierre Manent, politologo ed accademico francese. “In nome dell'urgenza sanitaria - ha scritto - uno stato di eccezione è stato di fatto istituito. In virtù di questo stato, si sono prese le misure,  le più primitive e le più brutali: il confinamento generale sotto sorveglianza della polizia. La rapidità, la completezza, l'aggressività stessa con la quale l'apparato repressivo si è messo in atto fanno” un tragico contrasto “con la lentezza, l'impreparazione, l'indecisione della politica sanitaria. Da lungo tempo ci siamo sottomessi ad uno Stato accordandogli sovranità sulle nostre vite e questa tendenza si è acutizzata nell'ultimo periodo. Così noi siamo usciti quasi in silenzio dal regime democratico e liberale”. Altro che 25 aprile, giorno glorioso della Liberazione. Oggi, per gli italiani, il 25 aprile 2020 significa arresti domiciliari. E la libertà piena è solo un ricordo, almeno nel presente, e infatti si aggrappa alle memorie del passato, della vittoria sul nazifascismo. Ma la libertà o è nel presente o non è. E se in Francia il dibattito è sulle libertà individuali e la crisi della democrazia un settimanale britannico come “The Economist” si interroga invece sui vantaggi che potrebbero trarre i regimi totalitari, come la Cina, da questa pandemia. Con molte democrazie occidentali, compresa l'Italia, che hanno rinunciato alle libertà dei loro cittadini perché impreparate alla emergenza sanitaria e per paura. Ma i partigiani non avevano paura di morire. Dovrebbero arrivarci pure i professionisti delle celebrazioni, che cantano “Bella Ciao” per retorica e puro conformismo ma si scordano i versi di quella canzone: “E se io muoio da partigiano / O bella ciao, bella ciao, bella ciao, ciao, ciao / E se io muoio da partigiano / Tu mi devi seppellir. E seppellire lassù in montagna. O bella ciao, bella ciao, bella ciao, ciao, ciao. E seppellire lassù in montagna. Sotto l'ombra di un bel fior”. Oggi, in Italia, ai tempi del coronavirus, insieme a tutte le nostre libertà anche la messa d'addio ed i funerali ai morti son sospesi. Altro che l'ombra di un bel fior. Anche per questo, il ricordo del passato non basta. Ridateci le nostre libertà. Tutte e subito.

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