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La privatizzazione dei trasporti è servita solo al sindaco

Matteo Renzi ospite alla trasmissione Ballarò

Massimiliano Coccia Dopo lo scandalo dei biglietti clonati all'Atac, nelle settimane successive c'è stato un carosello televisivo, in cui Matteo Renzi e i suoi fedelissimi, tra cui Maria Elena...

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Dopo lo scandalo dei biglietti clonati all'Atac, nelle settimane successive c'è stato un carosello televisivo, in cui Matteo Renzi e i suoi fedelissimi, tra cui Maria Elena Boschi, hanno esaltato il processo virtuoso di privatizzazione dell'Ataf, l'Azienda Tranviaria Automobilistica e Filoviaria, istituita il 25 ottobre 1945 dal Consiglio comunale di Firenze, rimasta di proprietà pubblica sino al 1° gennaio scorso. Pubblicamente più volte lo stesso Renzi ha ribadito che il Comune non è obbligato ad avere una compagnia di trasporti, ma deve controllarne gli indirizzi e lavorare con il privato a una strategia che soddisfi la cittadinanza. Come al solito la realtà è ben diversa. Sotto un velato manto di silenzio, dato dall'esposizione mediatica di Renzi che cancella tutte le criticità che vive il suo territorio, il processo di vendita appare come una ferita aperta nella città. Per la cronaca, la gara per l'acquisto è stata vinta da Ferrovie dello Stato. A presentare la miglior offerta è stata infatti Ati (azienda legata al gruppo FS), che ha messo sul "piatto" 18,9 milioni di euro. Ati - composta da BusItalia-Sita Nord (capofila), Cooperativa autotrasporti pratese (Cap Prato) e Autoguidovie Spa (Milano) - ha avuto la meglio su altre aziende, tra le quali - Autolinee Toscane, controllata dalla francese Ratp Dev. La base d'asta era di 12,4 milioni e l'Ati, spiegò, ha garantito un sovrapprezzo di 6,5 milioni per il ramo tpl di Ataf spa e la partecipazione in Li-nea, mentre l'offerta per le altre partecipazioni societarie è stata in linea con le basi d'asta. All'Ati sono passate quindi Ataf gestioni e le partecipazioni detenute da Ataf spa, ovvero Ataf&Li-nea scarl (77,88%), Opitec (15,91%), Firenze Cityseightseeing (60%), la Ferroviaria italiana (4,16%), Siger (100%), Ti-forma (2,98%) I-MAGO (58%) e usufrutto del 49% delle azioni di Gest, che gestisce la tramvia, successivamente il diritto di usufrutto sul restante 51% delle quote di Ataf Gest è stato ceduto alla società di diritto francese Ratp. Il sindaco Renzi ha tentato di chiudere la privatizzazione in maniera veloce, volendo escludere anche il Consiglio comunale, dove fino all'ultimo non aveva presentato neanche un piano di studi di fattibilità e di ricaduta della privatizzazione. L'eventualità è stata scongiurata dal duro intervento delle opposizioni. Il passaggio di proprietà, abbastanza importante è avvenuto senza la conclusione di nessun accordo relativo alla garanzia del piano occupazionale. L'unico che sembra essere stato garantito a livello lavorativo è Filippo Bonaccorsi (fratello della deputata renziana Lorenza Bonaccorsi), ex presidente di Ataf, che dopo la privatizzazione è stato nominato Assessore ai Trasporti del Comune di Firenze. Il processo di privatizzazione non è stato vissuto in maniera positiva, come la Boschi affermò più volte in televisione, infatti dalla data della vendita di Ataf ad oggi si contano una decina di cortei cittadini, scioperi e presidi davanti a Palazzo Vecchio, l'ultimo dei quali avvenuto a dicembre, mentre il Sindaco era impegno a diventare Segretario del Pd. L'operazione tecnica di privatizzazione è avvenuta in due fasi. La prima è stata la divisione in due dell'Azienda: immobili e servizi, successivamente si è passati alla vendita delle quote di mercato e poi alla definizione del nuovo asset. Secondo Alessandro Nannini, Rsu dei Cobas Ataf, «chi comanda è Bus Italia, del gruppo Ferrovie dello Stato, che ha fatto da bancomat al Comune e a Renzi in cambio del passaggio su Firenze della Tav». Sembra infatti che l'operazione condotta su Firenze, sia un modello paradigmatico usato dal gruppo Ferrovie dello Stato, che punta all'acquisto di società precarie economicamente per poi strutturare un indotto unico che vada dall'Alta Velocità al trasporto pubblico locale. «Dopo la privatizzazione le condizioni generali del trasporto sono peggiorate - incalza Nannini - ad esempio il servizio disabili è stato tolto e 40 giovani autisti a cui era finito l'apprendistato sono stati costretti ad emigrare in altre città. Ad oggi l'Azienda tra esuberi, rinnovi non effettuati e pensionamenti anticipati ha mandato a casa 140 persone circa e la cosa bella è che il Sindaco Renzi da quando ha venduto se ne è lavato le mani, dimenticandosi anche che a noi autisti è stato aumentato l'orario di lavoro, cancellando la pausa tra un turno e l'altro, creando così rischi per gli utenti». Ma il tema Ataf ha radici antiche, come in ogni città diventa simbolo di regalie e consociativismo,come ha sottolineato Francesco Torselli di Fratelli d'Italia, in alcune recenti interrogazioni al Sindaco, che riguardano le retribuzioni dei manager durante i lavori di realizzazione della tramvia 1: «Vogliamo sapere se gli incarichi da oltre 220.000 euro all'anno siano stati davvero necessari per oltre dieci anni e, soprattutto, se una volta in pensione, questi stipendi hanno influito sul contributo pensionistico percepito oggi da questi ex-dirigenti».

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