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L'ultimatum dei Radicali: basta con la tortura del carcere

RADICALI: PANNELLA ALLA 'ASSEMBLEA DEI MILLE'

Tutto ruota attorno alla sentenza della Corte Europea dei diritti dell'Uomo datata 8 gennaio 2013. È da lì che Marco Pannella e l'avvocato Giuseppe Rossodivita, in rappresentanza del partito...

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Tutto ruota attorno alla sentenza della Corte Europea dei diritti dell'Uomo datata 8 gennaio 2013. È da lì che Marco Pannella e l'avvocato Giuseppe Rossodivita, in rappresentanza del partito Radicale, partono per argomentare la loro diffida. Una diffida che è stata inviata al presidente Giorgio Napolitano, al ministro della Giustizia Annamaria Cancellieri, al commissario per i Diritti umani del Consiglio d'Europa Nils Muižnieks e alla Corte Europea dei diritti dell'Uomo. Ma soprattutto è stata inviata a tutti presidenti di tribunale, ai procuratori capo, ai presidenti degli uffici gip, ai direttori di carcere e ai magistrati di sorveglianza. Le prima risposte stanno arrivando in questi giorni ed una cosa è certa: d'ora in avanti nessuno potrà più far finta di niente, nessuno potrà più ignorare lo scandalo delle nostre carceri che da luoghi di reclusione si sono ormai trasformate in luoghi di «passione». E di morte. Nella sentenza di gennaio la Corte, proprio a fronte del cronico sovraffollamento dei nostri istituti penitenziari, accertava la violazione dell'articolo 3 della Convenzione Europea dei diritti dell'uomo (Cedu) che vieta di infliggere pene e trattamenti inumani e degradanti, invitando l'Italia, entro un anno, a porre rimedio a questo problema. I Radicali, nella loro diffida, ricordano anche come Corte Costituzionale, nella sentenza numero 12 del 1996, scriveva che «la pena è legale solo se non consiste in un trattamento contrario al senso di umanità». È fin troppo evidente, sottolineano Pannella e Rossodivita, che in questo momento il nostro Paese viva in una condizione di palese «illegalità». Da qui la diffida che identifica tre «obiettivi» ben precisi. Il primo raggruppa i procuratori capo, i presidenti degli uffici del gip, i presidenti di tribunale. A loro i Radicali chiedono di definire «nuovi modelli di lavoro». Cioè di verificare, «prima dell'emissione di un ordine di esecuzione o dell'esecuzione di una ordinanza applicativa della custodia cautelare in carcere», la disponibilità, da parte degli istituti, «a poter accogliere» il detenuto «in condizioni tali da non violare l'articolo 3 della Cedu». In caso contrario, scrivono, l'ordine di esecuzione va sospeso o va prevista «una diversa misura custodiale» (ad esempio gli arresti domiciliari). Quindi tocca ai direttori dei penitenziari che vengono diffidati a informare le Autorità «in ordine alla possibilità/impossibilità di accogliere i detenuti» nel rispetto dell'articolo 3. In caso di richiesta «persistente» dovranno «rifiutare il compimento di un ordine illegittimo». Terzi, i magistrati di sorveglianza chiamati a informare il Dap, i procuratori della Repubblica, i presidenti degli uffici del gip «in ordine alla condizione di sovraffollamento in cui versano i singoli istituti di pena di propria competenza». Ora sarà più difficile accampare scuse e ignorare i morti. Uomo avvisato...

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