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Lilian Thuram, pallonate sull'Italia: "Più razzista perché c'è questo governo"

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L'ex calciatore di Parma e Juventus Lilian Thuram, francese di origini guadalupensi, da anni è un attivista contro il razzismo e nella puntata di venerdì 31 marzo di Otto e mezzo spara a zero contro il governo che secondo lui ha definitivamente fatto precipitare l'Italia nell'intolleranza. L'attacco a Giorgia Meloni arriva in quattro e quattr'otto: "L’Italia è più razzista di prima per colpa di questo governo. Chi dice che non è cambiato niente è perché è bianco. Le potenziali vittime di razzismo in Italia oggi hanno più paura, e la poca chiarezza nei confronti del fascismo è molto pericolosa", è il takle del francese. 

 

"Per analizzare il razzismo bisogna considerare il punto di vista di chi parla. Sono una persona nera e vedo che sia in Italia ché in Francia e in Europa ci sono persone che vogliono normalizzare il razzismo", afferma Thuram." Non viene fatto apertamente ma creando una distinzione tra ’noì e ’loro', creando una difesa verso quello che viene da fuori: loro non sono come noi, non hanno gli stessi diritti, non contano, veniamo prima noi". Gruber sorvola sull'equazione governo di centrodestra-Italia più razzista, ma chiede se per caso l'ex calciatore si riferisca all'immigrazione. Il razzismo, replica Thuram, "passa attraverso piccole cose come la lingua, che bisogna proteggere perché la nostra identità altrimenti viene persa per colpa di chi viene da fuori".

 

"I razzisti non vengono davanti a te a criticarti apertamente; ho l’abitudine di subire razzismo, certe volte basta uno sguardo. Io sono francese e quando ci sono le elezioni con Marine Le Pen al secondo turno io e mia moglie abbiamo paura, come anche le altre persone potenziali vittime di razzismo ma molti non la vedono come una cosa pericolosa", aggiunge il francese che rincara la dose: "Credo che la fatica ad attaccare apertamente il fascismo sia una problematica che non appartiene soltanto all’Italia. Ci sono persone con ideologie violente che cominciano a riscrivere la storia. Non chiamare le cose con il loro nome è il primo passo per accettare la violenza. C’è chi la denuncia e chi la considera naturale, e queste ultime stanno preparando società per accettare la violenza. Per impedire la violenza di oggi bisogna rifiutare quella di ieri".

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