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Se l'attore amico di Walter Veltroni critica Roberto Gualtieri. Il tremendo vaticinio sul sindaco

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Contro il sindaco di Roma Roberto Gualtieri ci si è messo anche l'attore Stefano Fresi. Che poi è un amico di Walter Veltroni: l'ex segretario del Pd più volte lo ha elogiato pubblicamente, volendolo come protagonista del suo film intitolato «C'è tempo».

Veltroni, come regista, aveva diretto con estrema grazia Fresi, il quale intepretava un 40enne munito solo di un lavoro precario, quello dell'osservatore di arcobaleni: pellicola del 2019, «C'è tempo» è andato in onda a maggio su RaiMovie. Ora Fresi, intervistato da «Repubblica», ha chiaramente fatto capire di essersi stufato di osservare gli incendi che stanno distruggendo la capitale, affermando che «Roma è una città veramente complessa da gestire, ma occorre andare alla sostanza e non si può proseguire con le strade invase dai rifiuti, le stazioni della metro chiuse, le ambulanze bloccate fuori dagli ospedali e le erbacce ovunque».

 

Una dichiarazione politica, quella di Fresi, che sembra pronunciata da Veltroni: chissà, magari è il frutto di un dialogo tra l'attore e l'ex primo cittadino della capitale, fatto sta che il Pd romano dovrebbe riflettere con attenzione su quanto è stato affermato in quell'intervista. Fresi ha anche detto: «Un incendio che arriva agli sfasciacarrozze può provocare intossicazioni e, a differenza dei turisti che possono pure decidere di venire l'anno prossimo a visitare la capitale, i romani non possono andare via». Va bene che qualcuno aveva annunciato il proprio futuro in Africa dopo la stagione della politica e invece è rimasto nel centro storico, fatto sta che la sinistra a Roma non gode di ottima salute: viene votata, sì, ma pare incapace di scegliere una classe dirigente all'altezza. Di più: secondo un vecchio parlamentare del fu Pci e ora a riposo, «è come se il Pd volesse far capire a tutti che nessuno avrà mai la capacità veltroniana di gestire la città, perché lui deve risultare come l'ultimo grande sindaco di Roma».

 

Una chiave di lettura davvero interessante questa, degna di un manuale di psicologia, che però vanta una serie di prove: Ignazio Marino ha subito sulla sua pelle l'ostracismo della sua stessa parte politica che lo aveva portato in cima al Campidoglio, tanto da finire «pugnalato» da quelli che riteneva «compagni», e oggi una identica situazione sembra accadere nei confronti di Gualtieri. Perché è il partito che prima crea e poi distrugge, conservando invece nella memoria le tracce gloriose di un passato che vuole esibire i nomi di Giulio Carlo Argan, Luigi Petroselli, Ugo Vetere e Veltroni. Qualcuno vaticina per Gualtieri la stessa agonia che venne inflitta a Marino: un logoramento continuo, un tiro al bersaglio senza sosta, anche da parte di coloro che in teoria sono «vicini» politicamente al sindaco, a cominciare dai mezzi di comunicazione.

 

Come se Gualtieri fosse, oltre che indifendibile, dannoso per chi coltiva e vuole tramandare la storia della gestione comunale «de sinistra». Di «compagni che sbagliano» ce ne sono sempre stati, ma ora diventano troppi. «Il grande sbaglio del Pd? Non aver candidato una donna alla carica di sindaco, nel partito ce ne sono e anche di brave, ma il maschilismo nel Lazio è ancora imperante». In effetti, è l'unica zona nella quale la «dottrina Enrico Letta», ovvero dare spazio alla rappresentanza femminile, non ha ancora trovato spazio vitale. La conferma? Quello che sta avvenendo alla Regione Lazio, dove il machismo al potere dilaga. 

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