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Sul Nord Stream bugie e silenzi: l'Ucraina ha mentito e l'Europa taciuto

Gianluigi Paragone
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Sul sabotaggio del gasdotto Nord Stream, cioè la principale «arteria» che trasportava il gas dalla Russia all’Europa attraverso la dorsale nord, l’Ucraina ha mentito. E sapeva di mentire mentre raccontava delle responsabilità dei russi. Non solo. L’Europa e l’America sapevano e hanno taciuto, ma mentre sul silenzio della Casa Bianca possiamo anche ascriverlo alla loro ragion di Stato (gli Usa non hanno mai voluto il raddoppio dell’oleodotto perché non volevano la dipendenza energetica dell’Europa dalla Russia), sul comportamento dell’Europa non ci sono giustificazioni. Siamo di fronte all’ennesimo atto di negazione della verità e di copertura di ciò che i cittadini europei dovrebbero sapere ma non possono sapere perché la notizia non va troppo diffusa. Ad individuare in capo all’Ucraina la responsabilità del sabotaggio è la ricostruzione del quotidiano Washington Post secondo il quale gli Stati Uniti e l’Europa avevano informazioni preventive circa il preparativo dell’attacco al gasdotto da parte dell’esercito ucraino, attraverso una piccola squadra di sommozzatori che rispondeva direttamente al capo delle forze armate ucraine. I dettagli sull’operazione erano stati raccolti dal servizio di intelligence europeo e condivisi con la Cia nel giugno 2022, cioè tre mesi prima del sabotaggio e fornivano prove circostanziate che ricollegano Kiev al sabotaggio, effettivamente realizzatosi tre mesi più tardi sebbene con modalità differenti.

 

 

Si tenga conto che sull’attentato al gasdotto, stanno indagando anche in Germania dove, poche settimane fa, sono emersi forti indizi che portano all’Ucraina. Sulla questione però alcuni punti mi sono oscuri: se l’Europa sapeva perché non ha tutelato una delle sue principali arterie di approvvigionamento energetico? Perché ha di fatto dato ragione agli americani contrari al raddoppio dell’oleodotto? E perché non ha salvato almeno la faccia quando gli ucraini accusavano del fatto la Russia? Non era difficile capire che Putin non avrebbe mai rotto un rubinetto che gli portava soldi. Infine, davvero ci possiamo bere la versione che un gruppetto di sommozzatori potesse far saltare un tratto del gasdotto come se fosse una infrastruttura qualunque? Evidentemente la storia non è andata esattamente così e siamo di fronte all’ennesimo tentativo di copertura.

 

 

Tempo fa - e qui sul Tempo fummo tra i pochi a farlo - raccontammo dello scoop del premio Pulitzer Seymour Hersh, secondo cui il sabotaggio sarebbe stato eseguito direttamente sotto la regia della Cia, nel corso di una esercitazione Nato con la complicità del governo norvegese (non a caso America e Norvegia hanno tratto grande vantaggio dal danneggiamento del Nord Stream) attraverso sommozzatori specializzati. Su questa versione, la von Der Leyen negò persino un dibattito in aula. Domando: se lei sapeva del file svelato dal Washington Post, perché non smentire Hersh nella sede istituzionale del Parlamento europeo? Evidentemente non voleva che si parlasse dell’intera vicenda; un po’ come per i contratti con Pfizer. Dev’essere una specialità della casa.

 

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