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Sull'assalto a Capitol Hill il solito inutile accanimento contro Donald Trump

Paola Tommasi
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Su Donald Trump più la si spara grossa più si ha credito. «Testimonianza menzognera e ridicola», così l’ex Presidente Usa ha liquidato l’accusa secondo la quale avrebbe voluto partecipare in prima persona all’attacco al Congresso del 6 gennaio 2021 per manifestare contro l’elezione, per lui «rubata», di Joe Biden alla Casa Bianca.

 

Stando alla ricostruzione di Cassidy Hutchinson, collaboratrice dell’ex capo di gabinetto di Trump, quest’ultimo avrebbe preso per il collo l’autista che ha rifiutato di portarlo al Campidoglio e tentato di mettersi lui stesso al volante della limousine per raggiungere i manifestanti. Dichiarazioni che stanno facendo il giro del mondo ma da cui la stessa testimone ha preso le distanze dicendo che non ha assistito al fatto in prima persona ma le sarebbe stato raccontato. Ai fini legali, dunque, quelle parole lasciano il tempo che trovano ma ai fini mediatici la macchina del fango internazionale è partita e su Trump, si sa, si può dire qualsiasi cosa. Anzi, più l’accusa è esagerata più fa notizia.

 

Come accadde nel 2018 quando l’ex pornodiva Stormy Daniels rese pubblico un incontro extra coniugale avuto con il magnate nel 2006, che ha portato sfortuna invece al suo avvocato, Michael Avenatti, poi finito in prigione. E come campato in aria era il dossier diffuso nel 2017 dall’ex agente dei servizi segreti inglesi Christopher Steele che faceva riferimento a un video erotico compromettente dell’ex Presidente totalmente falso. L’errore di Trump è uno: non aver preso in modo netto le distanze da quanto accaduto la notte del 6 gennaio 2021. Perché le istituzioni sono sacre e inviolabili e perché ora la sua presidenza, che ha avuto tanti aspetti positivi, soprattutto in economia e in politica estera, verrà ricordata invece per l’attacco a Capitol Hill. Non una novità per noi italiani, che tante volte abbiamo visto trattato allo stesso modo l’ex Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Anche lui fu esposto al pubblico ludibrio per una frase mai pronunciata, quella con cui, si scrisse, aveva definito «culona inchiavabile» l’allora Cancelliera tedesca Angela Merkel. Venne fuori che fu pura invenzione ma è rimasta nell’immaginario comune molto più di qualunque riforma del governo Berlusconi. Fa riflettere il fatto che questi atteggiamenti accadano sempre nei confronti di Presidenti o ex Presidenti di destra-centrodestra, contro i quali tutto è consentito, anche oltre i limiti del vero e dell’immaginazione, pur di ridicolizzarli e nella totale mancanza di rispetto del ruolo istituzionale che ricoprono o hanno ricoperto. Mezzi cui si ricorre non riuscendo ad attaccarli nel merito delle misure da loro varate nel corso del proprio mandato.

 

Ma quest’ultima clamorosa rivelazione, probabilmente falsa e molto romanzata, rischia di rivelarsi un boomerang per i democratici americani, in difficoltà per le elezioni di midterm che si terranno il prossimo novembre visti gli scarsi risultati del Presidente Joe Biden, ritenuto dalla maggioranza, secondo i sondaggi, responsabile del peggioramento delle condizioni economiche di famiglie e imprese.

L’accanimento nei confronti di Donald Trump è evidente e rischia di far aumentare il consenso di cui l’ex Presidente gode negli Usa nonché la voglia che lui stesso ha di ricandidarsi nel 2024, soprattutto se dall’altra parte a correre per la riconferma ci sarà proprio Biden. Anche perché gli attacchi alle democrazie sono sempre da condannare, ci mancherebbe altro, e mai quanto oggi ne siamo consapevoli con la guerra in Ucraina in corso, ma tra gli americani la percezione che le ultime elezioni presidenziali non siano state proprio limpide è ancora molto diffusa, pur essendo passati quasi due anni. E più Biden va avanti con le sue gaffes più gli elettori rimpiangono Trump.
 

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