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Tasse, la politica fiscale deve servire a creare Pil

Pietro Bracco*
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Il 7 giugno è stato il Tax Freedom Day, il giorno in cui dicono si smetta di guadagnare per pagare tasse e contributi e si inizi a guadagnare per sé. Il concetto non mi piace. Noi facciamo parte di una comunità i cui membri sono tenuti a partecipare, come contribuenti, con il versamento delle imposte e, come pubblica amministrazione, con l’utilizzo di quanto incassato. Einaudi, nel 1919, parlava di «imposte pagate volentieri» se i «contribuenti sentono essere il vantaggio della spesa pubblica maggiore dei godimenti superflui privati a cui si è dovuto rinunciare».

Ovviamente il Tax Freedom Day è una finzione che si basa sul rapporto tra Pil e quanto dovuto allo Stato. Maggiore è il Pil rispetto a tasse e contributi, prima arriva nell’anno la Liberazione Fiscale. Siamo di fronte a un esercizio di stile che, però, ci deve far riflettere. La fiscalità, difatti, è una leva importante per stimolare l’economia. La ricetta non è facile; difficilmente univoca.

Qualche giorno fa, a Torino, ho parlato di Etica e Fisco al movimento di opinione indipendente «Dumse da fe» («diamoci da fare» in piemontese). Uno dei presenti ha ricordato che negli Stati Uniti dopo la II Guerra Mondiale c’erano 16 aliquote per la tassazione delle persone fisiche; l’ultima era al 94% per i redditi oltre i 200 mila dollari. Secondo l’interlocutore – e non stento a crederci – l’imposizione così alta avrebbe fatto preferire immettere nell’economia l’eccedenza piuttosto che lasciarla al Fisco; questo sarebbe uno dei motivi alla base del sogno americano.

La sera sono a cena a Roma. I commensali mi ricordano quanto sia importante l’attrazione di sportivi, manager e cervelli grazie alla leva fiscale. Quella che ha permesso a Ronaldo di pagare esclusivamente 100mila euro di imposte (sui redditi esteri) per il semplice fatto di essersi trasferito in Italia. L’economia piemontese ne ha guadagnato, tanto che si parlava di una ricaduta sul territorio in poche settimane di un importo pari a oltre i 100 milioni dati dalla Juventus al Real Madrid. Uno studio faceva anche vedere che il prezzo medio degli alberghi era più alto nei fine settimana in cui la Vecchia Signora giocava in casa. Non solo rispetto ai fine settimana in trasferta ma anche a quelli prima che Ronaldo arrivasse.

Non tutte le ciambelle escono, tuttavia, con il buco. Basti ricordare i problemi che diede la tassazione sulle barche del Governo Monti e le dichiarazioni della Coca Cola sul blocco degli investimenti in Italia a seguito della plastic e della sugar tax. I soldi che servono allo Stato devono non solo essere spesi bene ma anche richiesti in modo da creare un circuito virtuoso che generi Pil, che, a sua volta, genererà altre entrate. Sarebbe poi bello non limitarsi solo agli aspetti economici delle politiche fiscali ma anche a quelli del benessere dei cittadini; altro capitolo. Nell’attesa, per la nostra comunità, che si chiama Stato… dumse da fe! Tutti!

* Fiscalista e adjunct professor Luiss Business School

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