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Usa, Joe Biden in mezzo a due fuochi: tutti contro per la benzina alle stelle

Paola Tommasi
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Tutti a fare comizi in Pennsylvania. Nell'ultimo weekend prima delle elezioni di metà mandato che si terranno martedì, Joe Biden, Barack Obama e Donald Trump hanno fisicamente presidiato lo Stato che potrebbe rivelarsi determinante per avere la maggioranza al Senato degli Stati Uniti d'America. Lo stesso Stato, la Pennsylvania, che con la vittoria dei democratici due anni fa spalancò a Biden le porte della Casa Bianca e che in questi giorni è diventato terreno di battaglia all'ultimo voto anche per capire l'aria che tira in vista delle Presidenziali del 2024, quando molto probabilmente lo scontro sarà di nuovo Biden-Trump. Ecco perché quest'ultimo vi ha dedicato un intero sabato, rinunciando a giocare a golf, e il primo ha chiesto manforte a un ex Presidente molto più amato di lui, Obama. La moglie di Biden, Jill, ha partecipato perfino a una partita di baseball, per non lasciare nessuna via intentata. E anche la star televisiva Oprah Winfrey ha fatto il suo endorsement per i candidati democratici sia al Senato sia nella corsa per governatore dello Stato. Il mondo dello spettacolo, si sa, soprattutto inAmerica, è quasi sempre schierato a sinistra. E il voto dell'8 novembre sarà per il rinnovo di tutti i 435 seggi della Camera dei Rappresentanti, di 35 dei 100 seggi del Senato ma anche di 36 governatori. Più di 500 persone da eleggere in ruoli chiave nel Paese che rappresenta la più grande democrazia del mondo.

 

 

Ma il vero tema che sta incendiando la campagna elettorale del midterm americano è il prezzo della benzina. Da sempre abbiamo invidiato gli Usa per il costo basso del carburante, in quanto Paese produttore di energie fossili. Ebbene, le manie «green» di Joe Biden hanno fatto schizzare il prezzo le stelle. Il dibattito ferve perché se da un lato gli elettori Repubblicani attribuiscono al loro Presidente l'aumento della benzina perché, in nome della transizione ecologica, si è impegnato a ridurre la produzione di greggio fino all'azzeramento, dall'altro i Democratici, dati del ministero dell'energia alla mano, lo accusano dell'esatto contrario: Biden non ha mantenuto le promesse elettorali e nei primi 21 mesi del suo mandato la produzione di petrolio è stata addirittura maggiore di quella dell'equivalente periodo alla Casa Bianca di Trump che invece era un grande fan delle energie fossili. Neanche a farlo apposta viste le ultime decisioni del governo di Giorgia Meloni in Italia, l'altro tema che tiene banco negli Usa sono, udite udite, le trivelle. La discussione simile a quella sul petrolio. Biden si era impegnato in campagna elettorale a ridurre le perforazioni mentre una volta in carica ha rilasciato più autorizzazioni di Trump. E non poche: il 74% in più. Il Presidente si difende a suo modo. In primis accusa le società petrolifere di approfittare delle tensioni geopolitiche per alzare i prezzi e realizzare extra-profitti (che vorrebbe tassare come in Italia), poi collega l'aumento del costo dei carburanti all'invasione russa dell'Ucraina e alla pandemia. Un atteggiamento visto dagli elettori come un non volersi prendere le proprie responsabilità, prima caratteristica che un Presidente invece dovrebbe avere. Su questi presupposti ha costruito il suo slogan per le elezioni di martedì Donald Trump: «Salviamo l'America».

 

 

Mentre i Democratici lo attaccano ancora su quello che fu il motto di ormai sei anni fa: «Facciamo l'America di nuovo grande». «Il mondo va avanti e loro restano indietro», è il commento dello staff dell'ex Presidente riferito ai democratici Usa. E proprio su questo insisterà se, forte di una vittoria ai seggi la prossima settimana, deciderà davvero di annunciare a fine mese la sua candidatura per il 2024. Proprio a proposito di questo, sarà interessante la giornata di oggi. Dopo la Pennsylvania, Donald Trump tornerà a Miami, in Florida, dove per il Senato e per la carica di governatore corrono due personalità di primo piano del partito repubblicano, rispettivamente Mark Rubio, al suo terzo mandato, e Ron De Santis. Trump terrà un comizio per il primo, a cui però non è stato invitato il secondo. Mentre di solito la campagna elettorale si fa insieme. Un motivo c'è: Ron De Santis vorrebbe candidarsi Presidente al posto di Trump nel 2024: da qui le tensioni. Eppure, ci tengono a sottolineare dagli ambienti dell'ex Presidente, De Santis non esisterebbe senza Trump: non avrebbe mai vinto la sfida per diventare governatore della Florida nel 2018 e non sarebbe in corsa per la rielezione quest'anno. Con una chiusa al veleno: De Santis è invidioso perché il controllo del partito repubblicano a livello nazionale è ancora saldamente nelle mani di Trump. È proprio vero: le elezioni di metà mandato negli Stati Uniti sono l'inizio della campagna elettorale per le Presidenziali di due anni dopo. È la politica, bellezza.

 

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