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Ucraina, da Mosca macigno sulla mediazione: finirà con una vittoria. E Lavrov spara sulla Nato

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La Russia torna ad attaccare la Nato e lo fa con il ministro degli Esteri Sergei Lavrov. "È diventato chiaro a tutti che non può più decidere il destino dell’Europa, ha detto il capo della diplomazia russa come riportato da Ria Novosti. Mosca è ancora aperta al dialogo con l’Unione europea "ma il tango si balla insieme" invece "per ora i nostri partner occidentali stanno ballando la breakdance da soli", è l'immagine usata da Lavrov che bolla come "Indegne di qualsiasi atto di ritorsione da parte di Mosca" le sanzioni decise dall'Ucraina contro la leadership russa, imposte dal presidente Volodymyr Zelensky. "Non credo che questo sia degno di alcun passo concreto da parte nostra", ha spiegato.

 

Sullo scacchiere anche la condanna a morte spiccata nei confronti di due combattenti britannici in Donbass, Aiden Aslin, Sean Pinner e Saadun Brahim, definiti "mercenari stranieri". Le condanne "sono state pronunciate sulla base delle leggi della Repubblica popolare di Donetsk", ha detto Lavrov. "Al momento tutti i processi si basano sulla legislazione della Repubblica popolare di Donetsk, perché i reati in questione sono stati commessi sul quel territorio. Tutto il resto è speculazione - ha spiegato - non interferirei nel lavoro del sistema giudiziario della Repubblica di Donetsk". L'attacco comprende il presidente polacco Andrzej Duda, che ha paragonato il presidente russo Vladimir Putin ad Adolf Hitler. Lavrov ha detto, rivolto al capo del governo di Varsavia, "di studiare la propria storia e quegli eventi che sono alla base della storia polacca".

 

La presidente della Camera alta della Federazione Russa, Valentina Matvienko, inoltre, ha affermato che "non c’è dubbio che l’attuale tentativo da parte dell’Occidente di risolvere la questione russa finirà allo stesso modo di tutti i precedenti. L’operazione militare speciale si concluderà con una vittoria: i suoi obiettivi saranno raggiunti".

 

Intanto a Bucarest e Erevan, sono separate dal Mar Nero, vanno in scena due riunioni strategiche "contrapposte" nell’ottica della crisi Ucraina. Nella capitale romena, i leader dei cosiddetti "nove di Bucarest", i Paesi del "fianco orientale" dell’Alleanza atlantica, si riuniscono con il segretario generale Nato, Jens Stoltenberg, per parlare dell’aiuto militare e umanitario all’Ucraina. La Polonia in particolare ha appena firmato un accordo da 650 milioni di dollari per la fornitura di obici, ma già in precedenza aveva fornito aiuti per oltre 1,73 miliardi. Bulgaria, Repubblica Ceca, Estonia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Polonia, Romania e Slovacchia, si sono accordati come "Nove di Bucarest" già nel luglio 2014 a Varsavia, in piena crisi dovuta all’invasione della Crimea da parte della Russia, ma la formazione che rappresenta gli interessi "orientali" della Nato si è istituzionalizzata solo a fine 2015, a Bucarest appunto.

 

Intanto, oggi a Erevan, si sono riuniti i ministri degli Esteri dei Paesi membri dell’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva (Csto), l’alleanza militare guidata dalla Russia e che comprende Armenia, Bielorussia, Kazakistan, Kirghizistan e Tagikistan.

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