Cerca
Logo
Cerca
Edicola digitale
+

Calo del Pil e inflazione in aumento: i dati Istat non rassicurano l'Italia

Gianluca Zapponini
  • a
  • a
  • a

Guerra e inflazione, il Pil si assottiglia sempre di più. L'Istat pubblica le prospettive per l'economia italiana e aggiorna la crescita per il 2022, abbassandola al 2,8% per poi ridimensionarla all'1,9% nel 2023. L'inflazione rallenterà, ma non subito. La guerra picchia e picchia duro. Inflazione, costi del debito, impennata dell'energia, tutto impatta in modo devastante sul Pil dell'Italia, più volte ridimensionato nel giro di pochi mesi. Ora l'Istat, nel diffondere le prospettive di crescita dell'economia italiana, ha scritto una nuova pagina. Che parte da due presupposti: i margini di crescita del Pil si assottigliano ancora ma non si arrestano, mentre l'inflazione continuerà a mantenersi alta nel 2022 trainata dai beni energetici. A via Cesare Balbo ci si aspetta che il Pil italiano continui a crescere sia nel 2022 (+2,8%) sia nel 2023 (+1,9%), seppur in rallentamento rispetto al 2021. E pensare che il governo, nell'ultimo Documento di economia e finanza, aveva tracciato una crescita per il 2022 pari al 3,1%. Evidentemente i calcoli andranno rifatti.

 

 

Tornando all'Istat, nel biennio di previsione, l'aumento del Pil sarà determinato prevalentemente dal contributo della domanda interna al netto delle scorte, mentre la domanda estera netta fornirà un apporto negativo nel 2022 (-0,4%) a cui seguirà un contributo nullo nel 2023. «Le prospettive per i prossimi mesi sono caratterizzate da elevati rischi al ribasso quali ulteriori incrementi nel sistema dei prezzi, una flessione del commercio internazionale e l'aumento dei tassi di interesse. Anche le aspettative di famiglie e imprese potrebbero subire un significativo peggioramento», ha spiegato l'Istituto guidato da Gian Carlo Blangiardo, facendo anche riferimento all'aumento del costo del debito, con la risalita dei rendimenti dei titoli pubblici, oltre che alla fine della politica monetaria ultra-espansiva da parte della Bce. Sul fronte degli investimenti, che fanno rima con Pnrr, «assicureranno un deciso sostegno alla crescita con una intensità più sostenuta nell'anno corrente (+8,8%) rispetto al 2023 (+4,2%). I consumi delle famiglie residenti segneranno un miglioramento più contenuto (+2,3% e +1,6%) mentre nel 2023 il rapporto tra investimenti e Pil raggiungerà il 21,6%».

 

 

Rimane il grande spauracchio, quell'inflazione che tutto divora, a cominciare dagli stipendi. Per l'Istat una qualche attenuazione ci sarà, ma non subito. «La crescita dei prezzi dei beni energetici spinge la corsa dell'inflazione che nell'anno dovrebbe attestarsi al 5,8%, mentre nel 2023 gli effetti dovrebbero attenuarsi e il caro vita dovrebbe frenare al +2,6%». La prospettiva dovrebbe essere assecondata, secondo gli economisti, da un attenuarsi delle pressioni sui prezzi delle materie prime. C'è da preoccuparsi? Secondo Moreno Zani, presidente di Tendercapital, tra i player internazionali indipendenti più attivi nel settore dell'asset management, sì. «I dati pubblicati mettono in luce un rischio al ribasso per i prossimi mesi a causa di un probabile ulteriore incremento dei prezzi e una flessione del commercio internazionale in un contesto di aumento dei tassi di interesse. Ciò comporta riflessi negativi per famiglie e imprese».

 

Dai blog