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Rapporto Inps, un lavoratore su 4 guadagna meno del reddito di cittadinanza

Gianluca Zapponini
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In Italia oltre due lavoratori su dieci guadagnano meno di 780 euro, ovvero l’importo che porta il nome di Reddito di cittadinanza. Non sono calcoli buttati giù alla rinfusa, ma cifre esatte contenute nell’ultimo rapporto annuale dell’Inps, presentato ieri mattina dal presidente Pasquale Tridico.

Il 23% dei lavoratori italiani percepisce meno di 780 euro al mese, considerando anche i part-time. Per contro, «l’1% dei lavoratori meglio retribuiti ha visto un ulteriore aumento di un punto percentuale della loro quota sulla massa retributiva complessiva», è la sentenza di Tridico, risuonata nelle stanze di Montecitorio. «La distribuzione dei redditi all’interno del lavoro dipendente si è ulteriormente polarizzata, con una quota crescente di lavoratori che percepiscono un reddito da lavoro inferiore alla soglia di fruizione del reddito di cittadinanza», ha spiegato il numero uno dell’Istituto.

 

«La crisi ha lasciato strappi vistosi nella distribuzione dei redditi lavorativi. Se si considerano i valori soglia del primo e dell’ultimo decile nella distribuzione delle retribuzioni dei dipendenti a tempo pieno e pienamente occupati, per operai e impiegati (escludendo dirigenti, quadri e apprendisti), emerge che il 10% dei dipendenti a tempo pieno di tale insieme guadagna meno di 1.495 euro, il 50% meno di 2.058 euro e solo il 10% ha livelli retributivi superiori a 3.399 euro lordi». La retribuzione media delle donne nel 2021 «risulta pari a 20.415 euro, sostanzialmente invariata rispetto agli anni precedenti e inferiore del 25% rispetto alla corrispondente media maschile».

 

E proprio sul reddito di cittadinanza è intervenuto direttamente il ministro del Lavoro, Andrea Orlando, secondo il quale «i beneficiari non scappano dal mercato del lavoro. Ricordo che nel complesso i beneficiari di questo strumento costituiscono una platea con scarse esperienze lavorative pregresse, spesso saltuarie, anche a causa di livelli di istruzione mediamente molto bassi». Ma c’è un altro dato che fa rabbrividire. E cioè che sono oltre 4,3 milioni i lavoratori che percepiscono meno di 9 euro lordi l’ora.

«Se il quadro occupazionale appare promettente, segnali più preoccupanti vengono dalla dinamica retributiva». Ad ottobre 2021 i 27 contratti collettivi nazionali di lavoro principali occupavano circa l’80% dei dipendenti totali. Nel biennio 2019-2021 sono aumentati significativamente i dipendenti con Ccnl riguardanti poche decine o centinaia di dipendenti. Il salario mensile corrispondente a un salario lordo di 9 euro all'ora è pari a poco più di 1.500 euro e viene percepito da 4.532.476 dipendenti che rientrano in 257 contratti collettivi nazionali.

 

Guardando poi alle questioni di genere, la percentuale di part-time è al 46% tra le donne, il dato più alto nella Ue, contro il 18% tra gli uomini, e una parte prevalente di questo part-time è considerato involontario. Tornando alle parole del ministro Orlando, il responsabile del Lavoro ha puntato il dito contro le diseguaglianze. «Il complessivo quadro di tenuta del sistema del welfare è anche il risultato dello sforzo che, come Paese, abbiamo profuso nell'affrontare la crisi legata all'emergenza sanitaria. Purtroppo, la guerra in Ucraina e i processi di transizione in atto nell'economia non ci consentono di stare tranquilli e il tema del contenimento e del contrasto alle diseguaglianze e ai rischi di esclusione sociale sono sempre più centrali. Quella del Pnrr attraverso il Next Generation Eu è stata una risposta importante dell’Europa a un problema comune ed è un paradigma da non abbandonare anzi da consolidare, soprattutto in questa fase. In questo quadro emergenziale che ci accompagna da oltre due anni, all'Inps oltre ai suoi tradizionali compiti è stata affidata la responsabilità di soggetto attuatore delle misure di sostegno varate dal governo».

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