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Green pass, nessun attentato alla libertà personale. Ma si evitino i toni apocalittici contro i non vaccinati

Andrea Amata
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L’adozione del green pass per consentire ai suoi detentori di accedere a determinate strutture non comprime le libertà individuali, semmai ne contempera l’esercizio al valore della responsabilità collettiva con cui occorre misurarci soprattutto nella fase pandemica che ha peculiarità di straordinarietà. Propugnare una libertà assoluta, svincolata dagli effetti nocivi che l’arbitrio individuale incondizionato può provocare, significa concepirsi come una monade irrelata che abita il microcosmo dell’isolamento. La scelta di non vaccinarsi va assicurata e al green pass non è riconducibile il vincolo della somministrazione, ma il requisito per usufruire di uno spazio sociale. Chi intraprende la strada dell’obiezione vaccinale dovrebbe assumersene le conseguenze come quelle di limitarsi nelle relazioni con gli altri, perché la sua libera scelta di non indossare la corazza immunizzante dovrebbe essere confinata alla sua sfera individuale senza implicazioni per la salute collettiva. La libertà che non si commisura ai parametri della responsabilità degenera in licenza, che è un abuso della libertà esente dall’autocontrollo.

 

 

In questi mesi ostici per la tenuta emotiva del Paese, logorato da privazioni e restrizioni, occorre disinnescare gli ordigni ideologici che tendono a lacerare la comunità in guelfi e ghibellini. Ci sono stati errori comunicativi della comunità scientifica sugli effetti collaterali del vaccino, soprattutto in riferimento al siero a vettore virale come l’AstraZeneca e il Johnson&Johnson, che hanno disorientato una parte della collettività consegnatasi a una sorta di diffidenza verso l’azione profilattica. Tuttavia, nella stragrande maggioranza della popolazione è radicata la consapevolezza di dotarsi dell’arma vaccinale per sconfiggere il nemico invisibile che ancora si annida, attraverso le sue molteplici varianti, fra di noi. Pertanto, non è il momento di abbassare la guardia con il rischio di subire l’aggressività camaleontica dell’agente patogeno, ma di adempiere con disciplina alla strategia di contrasto del quadro epidemico.

 

 

Il Green pass, ottenibile con la vaccinazione e con il tampone molecolare o rapido, può agire da esortazione alla protezione, colmando quei vuoti di difesa su cui può attecchire, moltiplicandosi, il virus. I dati sulle ospedalizzazioni e sui reparti di terapie intensive non legittimano toni allarmistici, che possono, questi sì, generare il collasso emotivo di un Paese già provato da mesi di lutti e limitazioni. Così come occorre prudenza nei toni per chi amplifica la presunta lesione della libertà, accusandone il sacrifico per contenere la propagazione del contagio, altrettanto controllo lessicale dovrebbe essere applicato dai critici dei no-vax. Il virologo Roberto Burioni in preda all’impulso da tastiera così ha cinguettato dopo la conferenza stampa del premier Draghi: «Propongo una colletta per pagare ai novax gli abbonamenti Netflix per quando dal 5 agosto saranno agli arresti domiciliari chiusi in casa come dei sorci». Schernire chi ha scelto di non vaccinarsi, seppure incarnino una filosofia antiscientifica, non è il modo migliore per pacificare il clima sociale, che appare sempre più infervorato da un improprio linguaggio tribale.

 

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