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Alla Renegade piace l'ibrido

Simone Vitta
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Compatta versatile e adesso anche disponibile nella versione mild hybrid: quella cioè senza spina ma che, soprattutto nel traffico, fa tutta la differenza del mondo. Può essere tranquillamente una prima auto di famiglia anche perché ora dispone di tante motorizzazioni. Abbiamo provato la mild hybrid 1.5 che si conferma quella da scegliere prendendo in considerazione: ampio bagagliaio e un’abitabilità invidiabile: si parte da una capacità di carico minima di 351 litri.

Le sedute dietro, sono comode sia si viaggi in quattro che in cinque: lo spazio è sempre sufficiente anche per i piedi grazie al tunnel centrale poco ingombrante. 
Il nuovo motore poi è efficiente ed equilibrato. È questa la vera novità. Sotto il cofano batte un 1.5 turbo benzina a ciclo Miller da 130 CV e 240 Nm di coppia abbinato ad un piccolo elettrico da 48 V che, in fase di boost, garantisce 21 CV di potenza e 55 Nm di coppia extra. Il cambio è di serie automatico a doppia frizione a sette marce. Non è un vero e proprio mild hybrid, ma ha qualcosa in più in termini di potenza e di resa.

Si tratta di fatto di una via di mezzo, un mild hybrid «rafforzato» come l’abbiamo definito in occasione del primo contatto con questa tecnologia. Andando cauti sull’acceleratore si sente chiaramente la spinta dell’elettrico e solo quando si preme con più decisione entra in gioco il termico.
L’assetto complessivo è morbido, ma piacevole e in grado di assorbire bene le asperità del terreno e le buche di una città come Roma. E anche alle velocità elevate, nonostante la struttura «verticale» dell’auto, resta molto ben messa in terra trasmettendo sicurezza anche nelle curve in appoggio.
 

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