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Il padre di Vanessa Russo: "Qualcuno paghi per la morte di mia figlia"

Doina Matei (a sinistra) e Vanessa Russo

Mary Tagliazucchi
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Nonostante siano passati quasi dodici anni da quel tragico 26 aprile 2007, Giuseppe Russo il padre di Vanessa (la ragazza uccisa a soli 22 anni a causa del colpo violento sferratole ad un occhio con la punta di un ombrello da Doina Matei, una romena di 25 anni, alla fermata della metro B di Termini, ndr), non si da pace e chiede nuovamente giustizia per sua figlia. Quando sua figlia è stata uccisa lei, al contrario di molti, ha preferito preservarsi dal clamore dei media. Perché ora questo accorato appello? "Sottolineo subito che non è per una questione economica ma di rispetto. Lo faccio in memoria di Vanessa che, se ancora in vita, una settimana fa avrebbe compiuto 34 anni. Avrebbe perché quella donna quel maledetto giorno ce l'ha uccisa senza pietà. Un fatto di inaudita violenza - passato nell'indifferenza di tutti – che potrebbe ancora capitare. La stazione Termini da quanto mi risulta è ancora terra di nessuno nonostante l'impegno delle forze dell'ordine". Parla della sorveglianza? "La dobbiamo finire con questo buonismo gratuito a tutti i costi. Vorrei ricordare per chi se lo fosse dimenticato che Doina Mattei al momento dell'arresto per omicidio preterintenzionale ai danni di mia figlia è stata ritrovata senza permesso di soggiorno. Pertanto non doveva essere lì quel giorno e magari mia figlia sarebbe ancora viva fra noi". Terminato il clamore mediatico sulla vicenda come si sono dimostrate le istituzioni nei vostri confronti? "Non abbiamo avuto nessun appoggio né da Atac né dal Comune di Roma. Neanche lo Stato si è fatto ‘presenza' o partecipe del nostro dolore". Mai ricevuto scuse neanche da parte di Doina Mattei? "Può sembrare assurdo ma è così non si è mai scusata o mostrata pentita. Ma non voglio nulla da quella donna e spero di non vederla mai più. So che vive libera e tranquilla qui in Italia. Gli assistenti sociali italiani sono molto bravi quando si tratta di aiutare gli stranieri: le hanno dato una casa, un lavoro e neanche a dirlo ora avrà anche il permesso di soggiorno. E mentre lei vive felice la sua esistenza mia figlia è sottoterra per causa sua". A livello legale quindi come pensa di procedere? "Dopo sette anni in cui non siamo ancora venuti a capo di niente ho intenzione di procedere con una causa civile non so se verso l'Atac, il Comune o lo Stato visto che Doina Mattei era sprovvista di permesso di soggiorno, quindi irregolare. Stiamo valutando tutte le procedure del caso grazie anche all'interessamento dell'avvocato Daniele Marra che nel rispetto del mandato professionale con il nostro avvocato ha prestato la sua disponibilità ha verificare eventuali corresponsabilità di chi doveva vigilare sulla sicurezza di Vanessa in quella stazione che siano enti o istituzioni". Con questo suo nuovo e accorato appello  - scaturito da anni di sofferenze e frustrazione -  cosa vuole ottenere? "Chiedo di essere risarcito prima di tutto moralmente e poi sarà la giustizia - spero questa volta - a restituirci quello che ci spetta. La mia famiglia è stata distrutta sia moralmente che economicamente da questa tragedia. Mia moglie per il dolore si è ammalata tanto che si è dovuta licenziare. C'è gente che chiede risarcimenti dopo essere caduti nelle molteplici buche di Roma ed è giusto ci mancherebbe. Non vedo perché io non possa essere risarcito per una morte – quella di Vanessa – del tutto evitabile. E' arrivata l'ora che qualcuno si assuma la responsabilità di quanto accaduto quel maledetto 26 aprile 2007. E' vero mia figlia non ce la ridà più nessuno ma ora basta tacere voglio giustizia". 

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