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Pd, spunta la “grana” dipendenti: gli anni di governo ininterrotto si ritorcono contro

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Non solo il segretario nazionale da eleggere. Ad agitare i dirigenti del Partito Democratico - secondo quanto riporta l'Agi - sono anche le segretarie e i segretari distaccati ai ministeri, una ventina, che stanno tornando al Nazareno dopo la fine del governo Draghi. Dal 2013 in poi, a parte una parentesi di un anno e due mesi, il Pd è sempre stato al governo e molti suoi dipendenti, tra cui segretari e segretarie, sono stati assegnati agli uffici di quei dirigenti che andavano a ricoprire cariche di governo. Si tratta, tra l’altro, di un periodo che è coinciso con la fine del finanziamento pubblico ai partiti.

Finché ci sono incarichi di governo, dunque, l’impatto della fine dell’erogazione pubblica è stato ammortizzato dalla presenza dei dem negli esecutivi che si sono succeduti fino alla fine del governo Draghi e che hanno consentito di inviare personale ‘distaccato’ a dare una mano nei ministeri. Con la caduta del governo dell’ex banchiere centrale dell’ue, tuttavia, molte di queste persone stanno tornando alla ‘casa madre’. Si parla di un numero che va dalle 20 alle 24 unità, con quel che ne consegue in termini economici per un partito che, da tempo, non naviga in buone acque dal punto di vista finanziario. 

 

 

I dipendenti del Pd sono da anni in cassa integrazione, qualcuno al 30 per cento, altri al 50 per cento. E l’ultimo rinnovo scade a settembre 2023. Uno dei problemi che si troverà a dover risolvere la nuova segreteria sarà anche il modo in cui queste professionalità, formate in anni di governo, potranno essere messe a disposizione di un partito che cerca di rinnovarsi, anche dal punto di vista organizzativo. «Andrebbero formati», dice una fonte parlamentare dem, «ma per farlo occorrono risorse». 

 

 

Per cercare di tamponare questa emergenza - scrive l'Agi - una parte di questo personale sarà dislocato ai gruppi parlamentari di Camera, Senato e Parlamento Europeo. Tuttavia, anche qui, ci sarà bisogno di una formazione ad hoc, visto che gli uffici legislativi come gli uffici stampa dei gruppi richiedono delle competenze molto specifiche. Il tema discende e, in qualche modo, riconduce a quello del finanziamento pubblico ai partiti abolito con decreto il 28 dicembre 2013 quando a palazzo Chigi sedeva l’attuale segretario, Enrico Letta.

E oggi è il Pd a chiedere di rivedere quella norma. E dire che il Pd continua a far registrare ottime performance nel finanziariamente del due per mille. Merito dell’elettorato molto fidelizzato, commenta un dirigente. Fatto sta che quest’anno i dem hanno doppiato Fratelli d’Italia: hanno portato a casa 7.346.785 di euro grazie al 33,2% del totale delle preferenze, pari a 475.808 contribuenti. Alle loro spalle il partito di Meloni, designato in 233.874 dichiarazioni (il 16,34% del totale).

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