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Regione Lazio, le "primarie" di Meloni per il candidato: scelta in pochi giorni

Quattro nomi per il centrodestra: Colosimo, Rocca, Rampelli e Procaccini

Carlantonio Solimene
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Ottantatré giorni. Tanti ne mancano al voto nel Lazio se fosse confermata la data di domenica 12 febbraio 2023 per le Regionali. Un lasso di tempo già corto di suo, senza considerare che di mezzo ci sono anche le vacanze natalizie, non proprio il periodo ideale perla campagna elettorale.

È per questo che il centrodestra intende stringere sul nome per il dopo Zingaretti e ufficializzare la scelta già in questa settimana. C'è bisogno del via libera di Giorgia Meloni, alle prese ancora per alcune ore con il nodo della Manovra da portare in Cdm. Ma, una volta superato questo step, le attenzioni saranno tutte rivolte alla corsa per la Pisana. La decisione, questo è assodato, spetta esclusivamente a Fratelli d'Italia, come avvenuto peraltro in Lombardia dove è stato Salvini a indicare Fontana- o in Sicilia, dove Schifani è stato individuato da Berlusconi. Insomma, gli alleati hanno diritto di esporre le loro opinioni, ma una volta che Meloni avrà indicato il nome, non ci sarà spazio per trattative o distinguo.

 

Al momento sono quattro i profili in corsa. In prima fila la deputata Chiara Colosimo, che ha guadagnato i galloni con la ferma opposizione condotta contro Zingaretti in Consiglio regionale, e Francesco Rocca, presidente nazionale della Croce Rossa. Interpretano due strategie diverse: la prima sarebbe una candidatura fortemente politica e completerebbe quel rinnovamento generazionale che Meloni ha in mente anche nel suo partito, non senza qualche malcontento. Il secondo avrebbe invece un profilo più «civico» e di coalizione (non a caso sarebbe il preferito di Matteo Salvini), in grado di attirare voti anche oltre il centrodestra ma con lo scotto, rispetto alla rivale, di essere meno noto all'elettorato del Lazio. Una circostanza che, in una campagna elettorale «ristretta», potrebbe giocare a suo sfavore.

 

In corsa, anche se con quotazioni al ribasso rispetto agli ultimi giorni, anche il vicepresidente della Camera Fabio Rampelli e l'eurodeputato Nicola Procaccini. Il primo aveva subìto qualche critica nel centrodestra dopo essersi espresso, la scorsa settimana, contro il termovalorizzatore progettato da Gualtieri, ma ha poi chiarito il suo pensiero collegando le sue perplessità alla location individuata e alle dimensioni eccessive dell'impianto. Il secondo, pur essendo vicinissimo a Giorgia Meloni, pagherebbe il fatto di non essere romano. Difficile, in ogni caso, che il nome prescelto non esca da questa quaterna.

Una scelta rapida, peraltro, permetterebbe al centrodestra di approfittare del ritardo degli avversari. Gli incontri di coalizione di Alessio D'Amato, candidato di Pd e Terzo Polo, si sono infatti arenati di fronte alle richieste di Verdi e Sinistra di riallacciare i contatti con il M5S. Un'opzione che D'Amato non disdegnerebbe, se non fosse che a non voler imbastire il dialogo sia per primo il leader nazionale dei grillini, Giuseppe Conte. Anche perché la condizione posta per l'alleanza, lo stop al termovalorizzatore di Roma, non è nelle disponibilità di D'Amato. Gualtieri non ne vuol sentir parlare e, siccome il sindaco di Roma ha poteri commissariali, la Regione non tocca palla sulla vicenda.

 

Così resta la possibilità che il centrosinistra si presenti alla competizione elettorale con due se non addirittura con tre candidati: D'Amato per Pd e Terzo Polo, uno per M5S e uno per la Sinistra. Una situazione che spianerebbe la strada al centrodestra, visto che anche i sondaggi nelle mani del Pd descrivono «contendibile» il Lazio solo in caso di «campo largo». Così D'Amato, anche per rispondere a chi a sinistra ha visto nella sua candidatura un'improvvisa e non concordata svolta centrista della coalizione, ha deciso di lanciare messaggi seduttivi al popolo progressista. Fin da ieri, quando con la parlamentare Marianna Madia, l'assessore capitolino Miguel Gotor, la consigliera regionale Marta Leonori, Mario Ciarla e Ugo Sposetti, ha preso parte alla visita storica organizzata dalla Fondazione Gramsci dedicata a Enrico Berlinguer a bordo di un tram storico che da piazza Maggiore ha raggiunto il Colosseo e Ostiense.

«Quella storia, la storia del PCI di Berlinguer è la storia della sinistra italiana» ha detto D'Amato. Per concludere: «Nessuna nostalgia ma una grande visione di progresso e di emancipazione a cui ancora oggi vale la pena ispirarsi». Chissà se basterà per non apparire troppo «calendiano».

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