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"Mai più governo di unità nazionale". Il Pd (finalmente) si pente di Monti, Conte e Draghi

Letta alla Direzione Dem: "Se cade Meloni si va al voto". A meno che non cambino idea anche stavolta

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Aver fatto parte di un governo di unità nazionale, qualsiasi fosse, pur di non andare al voto dopo una crisi di governo è stato un errore. E non dovrà ripetersi mai più. Enrico Letta, alla Direzione del Pd che deciderà su tempi e modalità della stagione congressuale, fa mea culpa finalmente sull'atteggiamento tenuto dai Dem negli ultimi undici anni di vita politica: la rincorsa a tutti i costi alla stabilità. Che poi era semplicemente la rincorsa a occupare più poltrone possibile nonostante non si fosse mai vinto alle elezioni.

I casi sono sostanzialmente tre: il sostegno al governo Monti nel 2011 - che di fatto poi costò la vittoria elettorale successiva a Pier Luigi Bersani, che sembrava scontata e invece evaporò a causa dell'impopolarità del "Prof" - il sostegno a Giuseppe Conte dopo la crisi dei gialloverdi e quello a Mario Draghi dopo la caduta del Conte Bis. Il ché consegna un dato: i Dem sono stati ininterrottamente al governo per undici degli ultimi dodici anni. Praticamente sempre. Senza mai un chiaro successo nelle urne.

 «Quando questo governo cadrà noi dovremo chiedere subito le elezioni. Non faremo parte di un altro governo di unità nazionale» dice Enrico Letta alla direzione dem. Un'eventualità che, a suo dire, si verificherà molto presto: «Chi pensava a un’infinita luna di miele del centrodestra» deve osservare che «oggi fa capolino un quadro di profonda incertezza politica. La ressa per entrare al governo è significativa. Faremo un’opposizione intrasigente e costruttiva».

In realtà il suo sembra soprattutto un sogno: disegnare una Meloni in difficoltà quando invece non ha ancora neanche ricevuto l'incarico è in effetti un po' paradossale. Così come svillaneggiare il totoministri del centrodestra, specie se si ricorda quanto accaduto in casi analoghi a sinistra. Parlare di "ressa per entrare al governo" dovrebbe più che altro far fischiare le orecchie a esponenti Dem come Franceschini e Orlando, che alla poltrona sembrano averci fatto un abbonamento eterno.

Ma tant'è, per ora meglio tenersi buono l'impegno a dire no ad altri inciuci. Sempre che regga, ovviamente. Anche durante la crisi del Conte Bis i democratici sostenevano con forza che l'unica alternativa a "Giuseppi" fosse il voto. Per poi cambiare idea nello spazio di un mattino. In direzione ostinata e confusa.

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