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Elezioni, accordo totale nel centrodestra. Più collegi a Fratelli d'Italia, passa la linea Meloni

Carlantonio Solimene
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Ci sono volute oltre quattro ore ma alla fine il centrodestra ha trovato un accordo totale sulle prossime elezioni. I due nodi principali sul tavolo il diritto di indicare il nome del premier in caso di vittoria nelle urne e la ripartizione delle candidature nei collegi uninominali - hanno trovato una soluzione grazie alla volontà di tutti i leader, propensi a smussare le proprie posizioni per non lasciarsi sfuggire la possibilità storica di conquistare una piena maggioranza in entrambe le Camere. E così Silvio Berlusconi e Matteo Salvini hanno accettato che a esprimere il nome del candidato premier fosse il partito con più voti nelle urne, come chiedeva Giorgia Meloni e come pattuito, peraltro, già nel 2018. E la leader di Fratelli d'Italia ha acconsentito a che, nella ripartizione delle candidature, fossero considerati dei sondaggi non proprio «aggiornati» sul consenso del proprio partito «ridimensionato» al 21/22% e che i posti destinati ai centristi fossero sottratti alla propria quota. Un gesto di generosità che Meloni ha assunto avvertendo la responsabilità di rappresentare la forza in questo momento maggioritaria. E quindi col compito di fare da «garante» dei piccoli.

 

 

Così FdI avrà 98 candidati (oltre agli 11 ceduti ai centristi), la Lega 70 e Forza Italia 42. Stando alle stime dell'Istituto Cattaneo, il 70% circa di questi esponenti dovrebbe entrare nel prossimo Parlamento. È stato su questo punto che si sono registrate alcune tensioni nel corso del vertice, al quale oltre a Meloni, Salvini e Berlusconi hanno preso parte Ronzulli, Tajani, Calderoli, Giorgetti, La Russa e i centristi Lupi, Brugnaro, De Poli e Saccone. In particolare tra Forza Italia e Udc sarebbero sorte delle piccole incomprensioni che hanno portato a una sospensione di circa mezz'ora del vertice, senza vanificare però l'esito finale. In quanto al nome da proporre a Mattarella per Palazzo Chigi, se Salvini in fondo non aveva mai contestato ufficialmente il criterio - peraltro è stato il leader della Lega a dare l'annuncio dell'intesa abbandonando il vertice a metà per festeggiare i 30 anni della fidanzata Francesca Verdini - era Silvio Berlusconi il più dubbioso. Il Cavaliere, aveva in mente un altro schema. E cioè che fosse l'assemblea dei parlamentari eletti del centrodestra a esprimere un indirizzo. Con la speranza nascosta di coalizzare tutti i gruppi eccetto Fratelli d'Italia e ribaltare i rapporti di forza. Ma Meloni, ovviamente, ha fatto muro. E il Cav ha allargato le braccia con una battuta: «Tanto i sondaggi ci danno al 10% ma noi prenderemo almeno il 20». Lasciando poi alla fidata Licia Ronzulli il compito di smentire la frase su «Giorgia spaventa gli elettori». «Non l'abbiamo mai pensato».

 

 

Il vertice, tenutosi nella sala dei gruppi della Lega a Montecitorio, sotto il quadro rappresentante la battaglia di Lepanto, è stato poi suggellato con una nota ufficiale, altro desiderio di Giorgia Meloni: si parla di «pieno accordo» e si annuncia l'istituzione imminente di un tavolo programmatico della coalizione. Manca ancora il «patto anti inciucio» richiesto sempre da Fratelli d'Italia. Ma ci sarà tempo. Ora la campagna elettorale può davvero cominciare. E il comunicato si chiude con una sfida agli avversari: «L'unità del centrodestra è la migliore risposta possibile alle accuse e gli attacchi, spesso volgari, di una sinistra ormai allo sbando, con una coalizione improvvisata, che gli italiani manderanno a casa il prossimo 25 settembre». Si aprano le danze.

 

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