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Il governo c'è solo con il M5s, Draghi prova a ricucire con Conte

Dario Martini
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Mario Draghi si presenta davanti alla stampa subito dopo il Consiglio dei ministri che ha varato l’ultimo decreto bollette. Il premier vorrebbe parlare di energia, di guerra in Ucraina e di siccità. Ma sa benissimo che ai cronisti presenti in sala interessa solo una cosa: la verità sulle telefonate con Beppe Grillo per rimuovere Giuseppe Conte dalla guida del Movimento 5 Stelle. Il capo del governo non si sottrae: «Non ho mai fatto le dichiarazioni che mi sono state attribuite sui 5 stelle e non ho mai pensato di entrare nelle questioni interne di un partito. Credo che anche Grillo abbia smentito. Mi dicono che ci sarebbero dei riscontri oggettivi. Beh, vediamoli, li aspetto». Anche sulla tenuta della maggioranza si dice molto ottimista: «Già quando ci furono le consultazioni dissi che questo governo non si fa senza il M5S. E questa resta la mia opinione».

 

Se da un lato è una rassicurazione, dall’altro pare un avvertimento: Conte non pensi di uscire dall’esecutivo per aver le mani libere di far campagna elettorale. Se esce lui, andiamo a casa tutti. Anche perché, assicura Draghi, «questo è l’ultimo governo con me premier».

 

SuperMario arriva da un tour de force molto impegnativo. Prima il G7 sulle Alpi bavaresi, poi il vertice Nato a Madrid da cui è rientrato in anticipo per presiedere il Consiglio dei ministri e per stroncare sul nascere le polemiche con i grillini. La stanchezza è visibile sul suo volto, tanto che all’inizio della conferenza fa riferimento al «vertice Nato di Bruxelles», confondendo la capitale belga con quella spagnola. Poi, però, col passare dei minuti sembra riacquistare le forze, consapevole di avere ancora il coltello dalla parte del manico. I partiti possono "gridare" quanto vogliono, ma nessuno, né il M5S né la Lega, può permettersi di staccare la spina al governo. Le divergenze in maggioranza su ius scholae e cannabis non lo preoccupano: «Sono iniziative parlamentari che non commento. E che comunque non portano alcun problema al governo».

 

Anche il caso delle telefonate con Grillo non avrà ripercussioni. «L’interesse degli italiani è preminente in tutte le forze della maggioranza - dice Draghi - Questo governo nasce per fare, è la condizione per cui è stato costituito. Nessuno ha chiesto un rimpasto. Il M5S ha dato un contributo importante all’azione del governo e sono convinto che lo farà anche nei prossimi mesi. Conte ha confermato che non è intenzione del M5S uscire dal governo e ha dato rassicurazione che non faranno un appoggio esterno». Anche perché «il governo non si accontenta dell’appoggio esterno».

Insomma, il premier non ha mai richiesto la rimozione di Conte. E conferma di avere un ottimo rapporto con il garante del Movimento: «Ricordo benissimo i primi due incontri che avemmo durante le consultazioni per far nascere il governo. Con Grillo si trovarono subito convergenze importantissime, penso alla vocazione ambientale e alla transizione ecologica». Anche con Conte il dialogo va avanti: «L’ho sentito ieri e ci siamo scambiati un messaggio con l’idea di sentirci domani (oggi, ndr)».

Se va tutto bene, allora, perché è rientrato prima da Madrid? «Non sarei potuto rimanere fuori tutti i cinque giorni - risponde Draghi - La siccità e il provvedimento sulle bollette non mi permettevano di stare ancora lì». Anche la foto che lo ritrae seduto da solo in una sala del museo del Prado è stata utilizzata mediaticamente per enfatizzare la sua solitudine politica. Il capo del governo ci ride su: «C’era un certa attività sociale, una cena con degli invitati che parlavano di quadri, c’era della musica, un piccolo concerto. In quel momento mi sono seduto perché ero un po’ stanco e ho fatto delle telefonate per preparare il Consiglio dei ministri di oggi. Mi sarebbe stato impossibile chiamare con tutti davanti».

 

Infine, un altro avvertimento a Conte. È inutile lamentarsi sull’invio di armi: «La posizione espressa nel G7 e nel vertice Nato è di sostegno all’Ucraina. Abbiamo concordato che la sosterremo per tutto il tempo necessario. Perché se Kiev non si difende non c’è pace, ma schiavitù».

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