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Referendum Giustizia, Andrea Cangini (Forza Italia): “Difesa e accusa devono essere pari”

Pierpaolo La Rosa
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A sostegno del sì ai quesiti referendari sulla giustizia promossi da Lega e Partito radicale c’è anche il senatore di Forza Italia, Andrea Cangini, che del garantismo ha fatto uno dei tratti distintivi della sua azione politica.

Senatore Cangini, perché andare a votare sì?
«Perché una giustizia che funziona, e dove i diritti della difesa sono pari a quelli dell’accusa, è un elemento cardine dello Stato di diritto e, quindi, della democrazia. La nostra giustizia non funziona e questo vuol dire che la nostra democrazia è malata. Ogni anno mille persone innocenti vengono messe in prigione, il 35% dei detenuti è in custodia cautelare e non è condannata. Può capitare a chiunque di essere vittima di un errore giudiziario. Se non si vuole andare a votare per principio, lo si faccia per un istinto di sopravvivenza».

 

 

Tra i cinque quesiti referendari ce n’è uno che le sta a cuore?
«Sono tutti molto importanti. Per me, di interesse rilevante è quello sulla legge Severino, perché è dall’inizio della seconda Repubblica che la politica abdica al proprio ruolo. Stiamo indebolendo la politica, quindi lo Stato, a danno di tutti i cittadini. La legge Severino introduce il principio di colpevolezza dopo il primo grado di giudizio, il che è in evidente contrasto con la Costituzione. Le voglio raccontare un episodio di cui sono stato testimone».

Prego.
«Ero a casa di Francesco Cossiga quando si andava formando nel 2006 il secondo governo Prodi. Già girava la voce che Clemente Mastella sarebbe stato il guardasigilli. Cossiga chiamò davanti a me Mastella e gli disse più o meno testualmente: "Clemente, non prendere il dicastero della Giustizia. Accetta qualsiasi altro ministero, ma non quello. Se proprio non puoi farne a meno, prendi il ministero della Giustizia, ma non devi neanche lontanamente ipotizzare una cosa: fare una riforma profonda e seria della giustizia, perché se la farai ti arresteranno". Mastella ci provò a farla, la riforma della giustizia, ma fu incriminato e l’esecutivo Prodi cadde. Dopo otto anni si è saputo che si trattava di accuse infondate, e Mastella ne è uscito prosciolto. Mastella si è, però, rovinato la vita per quell’indagine che ha avuto effetti devastanti per la democrazia».

 

 

La morale è presto detta...
«La politica ha paura di procedere con una vera riforma della giustizia perché i politici hanno paura dei magistrati, perché si può essere incriminati per qualsiasi cosa dietro il paravento dell’obbligatorietà dell’azione penale». 

Sui referendum è calato il silenzio della sinistra.
«Non mi stupisce. Storicamente, il Partito comunista ed i suoi eredi hanno utilizzato la questione morale e giudiziaria per fini politici perché hanno avuto la fortuna di essere graziati, per volontà esplicita, dai tempi di Mani pulite. C’è uno spirito giustizialista che attraversa i ranghi del Partito democratico, e che ha un sentire comune con quel che resta del Movimento 5 stelle. Sono degli ipocriti, degli irresponsabili, che non hanno il coraggio di difendere la funzione per cui sono stati eletti».
 

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