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Pure i magistrati ammettono il fallimento dello sciopero contro la riforma. Caos in Anm: "I vertici si dimettano"

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«Crediamo nelle ragioni dello sciopero e ci siamo impegnati per la sua riuscita» ma «abbiamo fallito anche noi; perché questo sciopero è stato un fallimento». A denunciarlo in una nota è il segretario di Magistratura democratica, Stefano Musolino, all’indomani della giornata di sciopero indetta dall’Associazione nazionale magistrati contro la riforma del Csm e dell’ordinamento giudiziario. Ma l’Anm deve «restare unita».

Era dal 2010, quando a Palazzo Chigi c’era Silvio Berlusconi, che le toghe non si astenevano dal lavoro per un giorno. La protesta, ha spiegato il presidente dell’Anm Giuseppe Santalucia - nelle intenzioni dei 9mila magistrati che in assemblea l’hanno votata - aveva come obiettivo quello di chiedere alla politica di «correggere» alcuni passaggi delle norme al vaglio del Parlamento, che non sono destinate a migliorare il sistema Giustizia. Al contrario, per Santalucia, rischiano di renderlo più rigido e lento, allontanando ancora di più gli obiettivi richiesti dal Pnrr.

Tutte ragioni che hanno convinto solo in parte i magistrati a scioperare. A livello nazionale l’adesione è stata del 48%. A Milano, ad esempio, ha partecipato il 51% dei magistrati. A Roma, invece, il 38% e tra i magistrati della Cassazione appena il 23%. Maggiore successo ha riscosso l’iniziativa a Palermo, dove ad astenersi dal lavoro è stato il 58% delle toghe. A Napoli ha incrociato le braccia il 53% dei magistrati, mentre a Salerno il 54%. Fanalino di coda Trento, con appena il 25% di adesioni.

All'attacco dell'Anm va una stessa componente interna dell'Organo, l'associazione Articolo 101: "Il dato della partecipazione dei magistrati allo sciopero indetto dall’Anm ha il suono della 'sfiducia' nei confronti della giunta cha ha voluto, proposto, organizzato e gestito questa iniziativa, da molti giudicata, oltre che gravemente tardiva, del tutto blanda e inadeguata. L’adesione inferiore al 50%, avuto anche riguardo ai dati del passato, costituisce un plateale insuccesso dell’iniziativa promossa dalla giunta dimostra che l’approccio, le proposte e le strategie di cui l’associazionismo giudiziario ha bisogno non sono quelle volute dall’attuale maggioranza che governa l’Anm e manifesta la necessità di una loro radicale modifica».

I componenti di Articolo 101 nel comitato direttivo centrale dell’Associazione nazionale magistrati continuano: «Elementari regole di responsabilità politica imporrebbero che la giunta prendendo atto che, in un passaggio cruciale della vita associativa, soffre di un radicale deficit rappresentativo, non essendo interprete della volontà della maggioranza dei magistrati si presentasse dimissionaria alla prossima riunione del comitato direttivo centrale».

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