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Guerra Ucraina, l'allarme di Roberto Cingolani: con l'embargo inverno al gelo

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Forse è ancora troppo presto per cominciare a pensare di tornare al vecchio e buon camino. Ma meglio non prenderla troppo alla leggera. Staccare oggi il tubo del gas dalla Russia potrebbe costringere milioni di italiani a passare un inverno al freddo, con sistemi di riscaldamento decisamente vintage. Non è lo scenario dal sapore apocalittico di qualche esperto dell’ultima ora, ma un rischio paventato da un membro del governo italiano, per la precisione il ministro della Transizione Ecologica, Roberto Cingolani, intervenuto ieri in tarda mattinata per un’informativa urgente alla Camera. Il messaggio è parso fin da subito forte e chiaro. «Uno stop al gas russo, ora, sarebbe un serio problema per gli stoccaggi e sarebbe problematico affrontare l’inverno», ha messo in chiaro Cingolani. «L’interruzione a maggio delle forniture di gas dalla Russia renderebbe critico il superamento del prossimo inverno, perché ogni mese noi stocchiamo un miliardo e mezzo di metri cubi di gas, per raggiungere il livello necessario all’inverno servono sei mesi». Lo stop delle forniture di gas russo a novembre, invece, «renderebbe possibile il riempimento degli stoccaggi, e sarebbe dunque uno scenario meno critico». Per Cingolani, dunque, sarebbe ideale mantenere le forniture russe fino a fine 2022, per garantire la sicurezza del sistema di approvvigionamento.

 

 

 


Nell’attesa di capire se e quando l’Italia sarà in grado di sganciarsi da Mosca, una cosa è certa: il prezzo del gas è aumentato di cinque volte in pochi mesi e anche questo è un problema non da poco, nei giorni in cui il governo di Mario Draghi ha messo sul piatto 14 miliardi di nuovi aiuti a famiglie e imprese strozzate dai rincari. «Per quanto riguarda il mercato del gas naturale, il prezzo è passato dai circa 20 euro/MWh di gennaio 2021 ai circa 100 euro/MWh del mese di aprile, con un aumento di quasi 5 volte e con punte giornaliere che hanno superato i valori record di 200 e/MWh nei mesi scorsi», ha spiegato Cingolani. Mal comune mezzo gaudio, comunque. «Non si tratta di un fenomeno italiano, ma andamenti simili sono riscontrabili in altri Paesi europei, con incidenza diversa in funzione di specificità nazionali». Semmai, Roma dovrebbe cominciare a capire come pagare il gas russo. In dollari o rubli? Decisione complessa, perché essenzialmente politica e simbolica, dal punto di vista dei rapporti con Mosca. Il fisico diventato ministro lo sa fin troppo bene. «I prossimi pagamenti per il gas alla Russia si faranno a metà maggio e per una eventuale apertura di conti in rubli o meno servono indicazioni chiare dall’Europa».

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