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Letta mister disastro: dalla tassa di successione a Conte, quanti flop. E nel Pd qualcuno mugugna

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Non si può dire che la segreteria di Letta nel Partito Democratico sia cominciata con il piede giusto. Sì, è vero, il partito nei sondaggi regge e alle Amministrative ha conseguito un successo. Ma sono dati relativi, un po' perché l'elettorato piddino tende a rimanere stabile e a perdere terreno sono stati soprattuto gli altri partiti (Lega e M5s), un po' perché nel voto locale i Dem sono sempre stati forti. E perdere le ultime elezioni sarebbe stato come sbagliare un rigore a porta vuota.

Ma tutte le scelte politiche degli ultimi tempi si stanno trasformando in drammatici errori strategici. E nel Pd c'è già chi vorrebbe cominciare a intonare un nuovo #enricostaisereno.

L'ultimo infortunio è stato l'offerta a Giuseppe Conte della candidatura nel collegio Roma I lasciato libero da Roberto Gualtieri, passato dal Parlamento al Campidoglio. Ebbene, Letta non ha immaginato che in un collegio dove alle Comunali della Capitale sono andate fortissime forze di sinistra alternative al Pd (leggasi Calenda e la sua Azione!) a molti non sarebbe andato giù di accettare la candidatura del capo grillino. E infatti è bastata la minaccia di Calenda di candidarsi contro Conte per far fuggire l'ex premier a gambe levate. A nulla sono valsi gli appelli del Pd ("così ci metti nei guai"). Giuseppi non ne ha voluto sapere.

Lo scontro, peraltro, ha dimostrato quanto sia campata in aria un'altra idea del segretario del Pd: quel campo largo che andrebbe dal Movimento 5 stelle a Renzi e che lo stesso Conte ha avuto facilità a definire "campo di battaglia".

D'altronde, da quando è segretario Letta non ne azzecca una: prima l'indisponibilità a modificare il Ddl Zan, che infatti è andato a schiantarsi. Poi l'uscita sull'aumento della tassa di successione per pagare la dote ai 18enni, altro flop clamoroso subito bloccato da Draghi.

Il problema è che un segretario in tale stato confusionale sarà chiamato a gestire la difficilissima partita del Quirinale, mai con così tante incognite. Al Nazareno, e anche altrove, si trema.

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