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I dubbi della Meloni su Berlusconi al Colle: "Non so se ci sono i numeri"

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Tutti per Berlusconi. Ma con qualche dubbio da Giorgia Meloni. Il centrodestra, dall’assemblea dell’Udc, rilancia la corsa di Silvio Berlusconi al Quirinale e Matteo Salvini annuncia che firmerà la petizione lanciata da "Libero" in risposta alla campagna del "Fatto quotidiano" contro l’ipotesi che il Cavaliere possa andare al Colle.

Ma, fuori dal coro, arriva la posizione di Giorgia Meloni che sottolinea ancora una volta le sue perplessità sui numeri per il Colle, che potrebbero mancare al leader di Forza Italia. «È lui il nome che il centrodestra porterà avanti per il Quirinale compatto? Io lo spero - risponde la presidente di Fratelli d’Italia - sicuramente è una delle ipotesi di cui abbiamo discusso e sulla quale Fratelli d’Italia ha dato la sua disponibilità». «Dopodiché - aggiunge - per me è molto importante che il centrodestra affronti compatto questa scadenza. Perché, dall’altra parte, i nostri avversari hanno una idea di un presidente della Repubblica che sia eletto per garantire il Pd al governo, anche se ha perso le elezioni. Io credo che noi si debba garantire un presidente della Repubblica, di qualsiasi estrazione sia, di centrodestra, ancora meglio, che sia lì per far rispettare le regole e per difendere la sovranità italiana rispetto ad alcune ingerenze straniere», ragiona. «Berlusconi sicuramente garantisce questo criterio. Su Berlusconi sappiamo che non è facile sul piano dei numeri - precisa però -, L’importante per me è che il centrodestra sia compatto eventualmente anche sul ’piano B’ e ’C’. L’importante è che noi si comprenda che questa volta abbiamo le carte in regola per giocare da protagonisti: è una occasione che non bisogna perdere».

Meloni parla durante un’intervista televisiva, in collegamento da casa, nel pomeriggio. In mattinata non partecipa all’assemblea dell’Udc, costretta a casa da un brutto raffreddore. Dall’assise dei centristi, la posizione ufficiale è di compattezza a sostegno della corsa del Cavaliere al Colle anche se l’immagine è quella di una coalizione che resta attraversata da tensioni e divisioni interne su altri temi, dall’Europa al caso dei voti sui seggi ieri in Senato. «Per la scelta del prossimo presidente della Repubblica non sono tollerabili pregiudizi o esclusioni: è incredibile che certa sinistra voglia imporre ordini e veti al centrodestra. La sovranità appartiene al popolo e non ai salotti radical chic: sono impegnato affinché per il Colle sia possibile una scelta di grande prestigio, e sottolineo la necessità che la politica si riprenda il proprio ruolo senza che ci siano interferenze del potere giudiziario», scandisce Salvini, spiegando, nel pomeriggio, così le ragioni che lo hanno spinto a firmare la petizione indetta da "Libero". «Non è scritto da nessuna parte che il presidente della Repubblica debba per forza essere vicino alla sinistra e al Pd in particolare. Aderisco convintamente alla campagna del quotidiano Libero».

All’assemblea dell’Udc è invece esplicito il "padrone di casa", Lorenzo Cesa: «Il centrodestra ha un candidato naturale: colui che ha inventato il centrodestra in Italia che si chiama Silvio Berlusconi, a cui dobbiamo tutti grande solidarietà». «Ci auguriamo che Berlusconi possa farcela, sarebbe il primo presidente di centrodestra, perlomeno da quando esiste, quindi sarebbe un grande risultato», gli fa eco Ignazio La Russa, intervenuto in sostituzione di Meloni.

Salvini conferma di essere contrario all’ipotesi di un secondo mandato di Sergio Mattarella al Quirinale. Arrivando all’assemblea per un breve intervento, il capo della Lega sostiene poi di avere «già più di una idea» per le candidature al Colle. «L’obiettivo è che ci sia un presidente equilibrato, quantomeno equidistante, senza tessera del Pd in tasca», aggiunge. E a chi gli chiede se ritiene «opportuna» la corsa di Silvio Berlusconi, risponde difendendo la candidatura del Cavaliere. «Tutti i candidabili sono candidabili, non c’è qualcuno più o meno candidabile. Se per la legge italiana i candidati sopra 50 anni si possono proporre, tutti hanno il diritto di proporsi e non è qualche benpensante a dire che Tizio o Caio vanno bene o male», dice. Durante il suo intervento, il segreterio leghista poi fa della corsa al Quirinale una battaglia di bandiera sulla giustizia. «Non saremo mai un Paese libero e democratico se i tre poteri previsti dai padri costituenti non torneranno a essere in equilibrio perché c’é un potere che prevarica tutti gli altri, che decide della vita e della morte di tutti gli altri«, afferma. Serve »una giustizia giusta con l’equilibrio dei tre poteri« dello Stato, sostiene. "Nell’elezione del presidente della Repubblica sarà fondamentale avere una persona equilibrata e che metta giusta attenzione a delle vicende che in un Paese democratico avrebbero portato a delle conseguenze".

Dal canto suo, il Cavaliere manda una lettera che viene letta da Antonio Tajani sul palco, in cui chiede che l’esperienza del governo Draghi porti a un futuro in cui "il confronto sulle idee sia alto e chiaro, ma nel quale non vi sia più spazio per la demonizzazione dell’avversario". "Già oggi, non solo le forze di maggioranza, ma anche quelle che hanno scelto di stare all’opposizione, contribuiscono in modo responsabile al difficile compito di far uscire il Paese dall’emergenza in cui era sprofondato. Questo non significa consociativismo - precisa poi -: il governo Draghi, da noi fortemente voluto, deve andare avanti tutto il tempo necessario, fino alle elezioni del 2023, ma è destinata a rimanere un’eccezione, giustificata dall’emergenza".

Il sostegno a un’eventuale candidatura di Berlusconi, ancora mai realmente formalizzata, è stato assicurato in privato sia da Salvini che da Meloni, nel vertice di Villa Grande, che si è tenuto nelle scorse settimane. È il cosiddetto "piano A" concordato dal centrodestra. La coalizione potrebbe non spaccarsi - malgrado FdI tema di essere tagliata fuori - anche nel caso in cui il "piano A" fallisse e si dovesse ricorrere al "B", nel caso di una eventuale candidatura di Mario Draghi al Colle. Meloni da tempo ha chiarito di essere favorevole a questa ipotesi, e Berlusconi e Salvini, malgrado abbiano chiesto all’ex governatore della Bce di restare a Palazzo Chigi fino al 2023, difficilmente si opporrebbero a questo scenario se si trovasse l’accordo di tutte le forze politiche.

Sul fronte degli equilibri tra i partiti, durante la convention dei centristi emerge però il nervosismo interno alla coalizione. Lega e FdI ieri si sono scontrate in Senato sulla sostituzione del senatore leghista Paolo Saviane, morto in agosto. Nei quattro voti dell’Aula di Palazzo Madama, chiamata a esprimersi sulle deliberazioni della giunta delle elezioni su altrettanti casi, il centrodestra si è diviso più di una volta. I leghisti sono riusciti a fare eleggere la calabrese Clotilde Minasi, mentre Fratelli d’Italia rivendicava il seggio.

«Non commento i voti di ieri, perché riuscire a polemizzare anche sulla sostituzione di un senatore morto è una pagina imbarazzante», attacca Salvini, accusando «qualcuno» degli alleati di aver «votato con la sinistra». «Noi non eravamo contrari alla soluzione prospettata dalla Lega», risponde La Russa, «ma dal territorio, e non solo da FdI, ci è arrivata ala richiesta di far subentrare un veneto. Io sono siciliano, figurati se mi oppongo all’ingresso di una calabrese al posto di un veneto. Ma pensavo che i leghisti tenessero a questi temi».

Altro tema di divisione tra Salvini e FdI è la collocazione in Europa. «Io lavoro per un centrodestra unito in Italia e in Europa, dispiace che qualcuno rallenti in Europa perchè per me un centrodestra unito in Italia e in Europa sarebbe un vantaggio per tutti», lamenta il segretario leghista, con riferimento che sembra diretto a Meloni, contraria al suo progetto di gruppo unico a Strasburgo. «Evidentemente qualcuno per il momento la pensa in maniera diversa, io sono un liberale quindi non impongo niente a nessuno però io penso che sia utile all’Italia un grande polo moderato, conservatore, orgoglioso, identitario, in Italia e in Europa - sostiene -. Se ciascuno rimane nel suo orticello è un errore».

«Se Salvini volesse aderire ai Conservatori sarebbe benvenuto», replica La Russa, invitando l’alleato nel gruppo Ecr dove siede FdI a Strasburgo. «Non so di chi parlava, quando ha parlato di orticello. Ma pretendere di smontare e rimontare gruppi e partiti con una storia non è problema di orticello ma di aree vaste da arare».

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