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Da Draghi bomba sulla casa. Cinque anni di tregua poi scatteranno supertasse

Franco Bechis
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Quando nel 2026 gran parte dei cittadini italiani si sveglierà scoprendo di dovere pagare una mazzata di tasse in più sulla casa e pure sull'Irpef grazie all'Isee diventata improvvisamente gigantesca, si chiederà anche da chi arriva il regalino. E la risposta sarà: “Te lo ricordi il presidente del Consiglio del 2021? Mario Draghi...”.

 

E a quel punto sarà bene che qualcuno li fermi prima che esca dalla loro bocca qualche carineria nei confronti del fu presidente del Consiglio. Perché con il reato di vilipendio del presidente della Repubblica (la carica che Draghi avrà nel 2026) è meglio non scherzare. Ma è questa la scena che è apparsa agli occhi di Matteo Salvini ieri quando Draghi ha consegnato ai ministri della Lega la bozza di delega fiscale con revisione del catasto a circa mezz'ora dall'inizio del consiglio dei ministri. Perché Salvini si augura ancora di esistere politicamente nel 2026, e non si illude di avere quella protezione che ha un presidente della Repubblica. I proprietari di casa- anche della prima casa (l'aumento dell'Isee riguarderà anche loro)- lo avrebbero inseguito con bel randello ricordando chi faceva parte di quel governo del 2011. E non avendo tempo per fare altro, ha provato a sfilarsi dalla futura punizione non partecipando al consiglio dei ministri che doveva approvare (e ha approvato) la revisione delle rendite catastali.

 

Quella delega fiscale ieri infatti ha messo una bomba ad orologeria sotto la casa degli italiani. Draghi ha promesso: “ORA non cambierà in alcun modo la tassazione patrimoniale e fiscale sulle case e sui terreni”. Poi ha spiegato che le rendite verranno adeguate a quelle del mercato e che per questa operazione serviranno 5 anni che trascorreranno in neutralità fiscale per i cittadini: pagheranno quello che pagano già oggi. Ma ha aggiunto: “Nel 2026 se ne riparlerà”. Quindi la bomba ad orologeria è innescata, semplicemente il suo timer è stato programmato per lo scoppio un po' più in là nel tempo.

 

Di che ci si preoccupa dunque ora? Beh, meglio farlo in tempo, perché poi la mazzata per forza arriva. Perché la delega è molto generica, ma poi le parole e le promesse del presidente del Consiglio vanno tradotte in pratica, fissate in una norma. Quindi la legge per forza di cose dovrà scrivere che la revisione avverrà in regime di neutralità fiscale fino al giorno X del 2026. Nella ricostruzione fatta da palazzo Chigi ieri quel giorno il governo in carica dovrà prendere le sue decisioni: fare scattare gli aumenti o disinnescarli. Ma non è così semplice. Perché il giorno stesso della scadenza della moratoria fiscale senza che nessuno faccia nulla, la bomba scoppierà e le tasse sulla casa diventeranno molto più alte per tutti. Sì in teoria un governo potrebbe decidere di fare marcia indietro e cancellare il lavoro fatto nei cinque anni precedenti. Ma potete stare certi che la commissione europea a quel punto lo impedirà e le tasse scatteranno.

Ieri per gettare acqua sul fuoco il presidente del Consiglio ha spiegato che si tratterebbe solo di “un'operazione di trasparenza, dal contenuto statistico e informativo molto importante”. E qui davvero Draghi sottovaluta gli uditori, di cui si possono con fondere le idee con giri di parole come fanno normalmente i politici, ma solo fino a un certo punto. Non si spendono cinque anni a modificare tutte le rendite catastali delle case italiane per avere una informazione statistica importante. Anche perché quella informazione (il valore di mercato degli immobili italiani sia pubblici che residenziali) è già a disposizione del premier, visto che è fornita ogni anno nei rapporti dell' Osservatorio sul mercato immobiliare. Servisse solo l'informazione, lì c'è. E' evidente che la revisione delle rendite catastali ha come unica ragione una diversa  tassazione patrimoniale.

 

Ma c'è anche un altro argomento che pesa contro la riforma Draghi, e secondo quanto risulta a Il Tempo lo ha spiegato bene ieri l'ex premier Giuseppe Conte in una riunione con i suoi collaboratori: “Va bene dire che oggi non scatta la tassazione per i 5 anni in cui si opera la revisione delle rendite. Ma dopo?  E poi un economista lo sa: il settore immobiliare non è speculativo, ma si fanno investimenti a lungo termine. Se oggi vuoi investire, e sai già che sull'immobile che vorresti comprare scatta un aumento della rendita catastale cinque anni dopo, quell'immobile non lo acquisti. Vai a investire da un'altra parte. E' ingenuo pensare di rassicurare dicendo che la scelta verrà presa dopo, anche perché comunque lascia incertezza che è la principale nemica degli investimenti. In questo momento di tutto abbiamo bisogno meno che di questo. Abbiamo fatto tanto per rilanciare il settore delle costruzioni, nuova legislazione, superbonus che sta andando fortissimo. Oggi non si riesce a fare un appalto e a chiamare un a ditta perché non sono più libere e ci mettiamo a deprimere così il settore immobiliare? Dobbiamo lavorarci e cercare altre strade...”.

Con i dubbi (ragionevoli) di Conte che guida il M5s e il no più irruento della Lega sembra certo che la strada di quella delega fiscale in Parlamento sarà comunque tutta in salita, e alla fine quella revisione potrebbe saltare.

 

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