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Speranza boys e Bersani non votano il green pass... di Speranza

Fosca Bincher
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Occhi tutti puntati su Matteo Salvini e le divisioni interne alla sua Lega, così è sfuggita a tutti la vera notizia bomba nel voto finale alla Camera sul decreto green pass. Ed è stata la sorpresa di Leu, piccolo gruppo rispetto alla Lega, ma significativo visto che esprime il ministro della Salute, Roberto Speranza. Eppure a tradire la linea dura del ministro sul pass sono stati soprattutto i suoi: i più assenti al voto finale fra tutti i gruppi della Camera: il 50% non ha pigiato come richiesto il bottone che serviva alla chiama finale e non ha così voluto dire sì al green pass.

 

Tanto per fare un paragone, nella Lega la dissidenza è stata del 45% del gruppo. E fra gli assenti di Leu anche un volto importante come quello di Pierluigi Bersani, che non ha dato il suo sì al voto finale (quello complessivo su tutto il testo da trasmettere in Senato) al decreto green pass. Bersani a dire il vero ha partecipato alle votazioni precedenti respingendo come era chiesto dal governo emendamenti soprattutto di Fratelli di Italia e degli ex grillini che volevano smontare l'impianto del provvedimento come era stato calibrato nel consiglio dei ministri guidato da Mario Draghi. Poi però la sua firma sul green pass è mancata, chissà se per essersi allontanato al momento sbagliato dall'aula o per scelta politica.

 

Comunque non è stato un caso personale, perché metà del gruppo di Speranza ha fatto la stessa scelta: o non mettendo la propria adesione al testo finale o bigiando del tutto i lavori di aula. È stato il gruppo di maggioranza più indisciplinato alla pari del Centro democratico di Bruno Tabacci (altro insospettabile sulla carta) e davanti appunto alla Lega. Ma anche in tutto il centrodestra le acque sul green pass sono state agitate, ben più di quanto non appaia poi nelle ospitate televisive. Anzi, il risultato complessivo unificando gruppi che stanno all'opposizione (Fratelli di Italia) e quindi votano contro per missione, a quelli che invece stanno nel governo il risultato di quel voto finale sul dl green pass è più che chiaro.

 

Sulla carta i numeri dicevano 275 deputati. Ma 24 risultavano in missione e quindi non potevano partecipare al voto, quindi i partecipanti teorici erano 251. Hanno disertato il voto in 124 e addirittura 4 hanno votato contro e uno si è astenuto. Nelle fila del centrodestra quindi non ha detto sì al green pass il 51,39% degli eletti. I maggiori maldipancia sono stati nella Lega ed erano noti, ma non ha detto sì nemmeno il 37,68% di Forza Italia oltre all'intero gruppo di Fratelli di Italia e il 35% di Coraggio Italia. Fra le sorpresone anche un no nell'urna da parte di una deputata di Forza Italia, Veronica Giannone, che però non ha pubblicamente rivendicato il gesto di rottura rispetto alle indicazioni del partito e del governo in cui è in maggioranza. 

A destra e sinistra i maldipancia ci sono e non sembrano affatto irrilevanti. Anche nel M5s non hanno partecipato al voto in 30 su 136, mentre altri 23 si sono messi in missione per evitare il problema. Nel Pd sono mancati in 13 mentre 10 erano in missione. In Italia Viva spariti al momento del voto in 4 e altri 5 risultavano in missione. Vista la parata non proprio entusiasmante due esponenti di spicco di Forza Italia come Renato Brunetta e Gregorio Fontana che risultavano in missione legittimamente per impegni istituzionali al voto finale sono apparsi e hanno voluto fare risultare il loro sì sul tabellone. Ma alla fine quel pass è sembrato indigesto a gran parte del Parlamento (forse perché le regole sono state ora estese anche ai deputati), in modo anche più pesante di quel che sembra essere nel Paese.
 

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