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Si sblocca il nodo quarantena: il governo mette una pezza e salva i dipendenti isolati

Gaetano Mineo
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Dovrebbe arrivare oggi in Consiglio dei ministri il rifinanziamento dell’indennità per i lavoratori in quarantena. Era ora. Perché dall’inizio dell’anno, fino a oggi, nell’apposito fondo non è stato rimpinguato alcun euro, lasciando il malcapitato lavoratore a casa senza lavoro e senza retribuzione. Una storia paradossale se si pensa alle centinaia di norme varate dal governo all’inizio dell’anno per Green pass, tamponi, apertura e chiusure attività, mascherina sì, mascherina no e via dicendo. Nessun governante s’è premurato a mettere mano a un provvedimento che metta in tasca soldi al lavoratore, a sua tutela. Eppure, nonostante l’Inps abbia sollevato il problema lo scorso agosto, da allora, Palazzo Chigi ha fatto orecchie da mercante. Il problema riguarda solo i lavoratori del settore privato, perché il decreto legge numero 18 del 2020 stabilisce invece che il periodo trascorso in quarantena per i dipendenti pubblici debba sempre essere equiparato al periodo di ricovero ospedaliero, con retribuzione piena. Il vuoto di tutela, quindi, coinvolge i dipendenti del settore privato e in particolare quelli che, se in quarantena, non possono lavorare da casa per la natura stessa della loro mansione, come ad esempio gli operai, i venditori, i magazzinieri, i cassieri e così via. La questione era stata sollevata anche nei giorni scorsi dal nostro giornale. E ora, a quanto pare, il governo Draghi in merito sembra essersi svegliato.

 

 

I tecnici del ministero del Lavoro, del Mef e dell'Inps, in queste ore stanno ancora lavorando al provvedimento, con l'obiettivo di portarlo oggi in Cdm, come detto. Il fondo per il 2020, aveva una copertura di 663,1 milioni di euro, grazie al cosiddetto decreto «Cura Italia» che, in pratica, equipara l’assenza per quarantena al trattamento economico e previdenziale della malattia. Mentre, per il 2021, le risorse dovrebbero essere maggiorate del quaranta per cento, poco più di 900 milioni di euro. Un fatto è certo, in questi nove mesi de 2021, nessun lavoratore, rimasto a casa in quarantena, ha ricevuto un euro. Alcune stime, parlano di un taglio in busta paga per oltre 450 euro. E siccome parliamo di lavoratori del settore privato, come detto, che operano nei bar, ristoranti, aziende che sono state penalizzate dalle chiusure anti Covid, per loro, oltre il danno è stata sancita la beffa. Lavoratori che hanno diritto alla tutela previdenziale a carico dell’Inps e che sono dunque rimasti privi anche di questa indennità. Ed è per questo che lo stesso Inps ad agosto aveva comunicato che per tutto il 2021 non potrà riconoscere la tutela previdenziale ai lavoratori assenti dal lavoro per quarantena dopo un contatto con un positivo accertato, a causa dell’esaurimento dei fondi. Ma già, erano trascorsi otto mesi dell’anno.

 

 

Appare opportuno rimarcare che da circa due mesi, diverse associazioni di imprese e sindacati hanno denunciato il problema e chiesto il rifinanziamento urgente della misura dicendo anche che il mancato indennizzo e il conseguente taglio in busta paga possono aver incentivato i lavoratori a non segnalare il contatto con persone positive, facendo così aumentare la diffusione del virus. Ebbene, in queste ore, il governo Draghi sembra lavorare a una soluzione. La misura, spiegano diverse fonti, potrebbe entrare nell’ambito del decreto per il taglio delle bollette, ma non è ancora certo. Infatti, non è esclusa l’ipotesi un decreto ad hoc, che potrebbe essere basato su due corsie, da un lato tutelare i dipendenti dall’altro scudare i fragili. Ricordiamo, infine, che l’assenza dal lavoro «per quarantena» corrisponde al periodo di isolamento fiduciario che deve rispettare chi è venuto in contatto con persone positive al Coronavirus (non coincide con l’isolamento che le persone positive sono tenute a rispettare). La legge stabilisce che duri 10 giorni per le persone non vaccinate e 7 giorni per quelle vaccinate.

 

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