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Le sgrammaticature istituzionali e le ipotesi offensive sul bis a tempo di Sergio Mattarella

Angelo De Mattia
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In sede politica si ritorna a discutere e a proporre a proposito del prossimo Presidente della Repubblica, incuranti dell’ampio anticipo della discussione, del rigoroso rispetto che si dovrebbe al Presidente in carica, dell’opportunità-doverosità di evitare agganci con esponenti titolari di altre alte cariche dello Stato ipotizzate, a giorni alterni, come candidati alla successione. Pur nel «semestre bianco» - che sottrae al Presidente un solo potere, quello dello scioglimento anticipato delle Camere - Sergio Mattarella è nel pieno, costante esercizio della sue prerogative, un esercizio che continua a svolgere con grande saggezza, straordinario equilibrio e la competenza che gli deriva pure dall’essere docente universitario nel campo del diritto costituzionale. Si susseguono proposte strampalate quale quella recente che , forse anche con una buona dose di ingenuità, dà voce a coloro che vorrebbero una rielezione di Mattarella alla scadenza del mandato a gennaio, ma per rimanere in carica, come insulsamente viene per la prima volta reso palese, fino al 2023, quando Mario Draghi, libero dagli impegni di Governo per le elezioni politiche, potrà ascendere al Colle. Viene così, per la prima volta, sia pure a opera di un personaggio minore ma che ricopre cariche nel Pd, teorizzata la «staffetta presidenziale» che dovrebbe costituire un «bis» rispetto a quella di Napolitano, anche se, ai tempi, nessuno osò esplicitare la durata del nuovo mandato come ora è stato fatto, senza il seguito di una drastica sconfessione.

 

 

Non avvedersi dell’offesa che, pur non volendolo, si reca alla più alta Magistratura dello Stato e alla persona, ma pure allo stesso Draghi che starebbe fermo all’uscio in attesa di entrare al maturare di determinate condizioni di tempo e politiche, la dice lunga su certe aree della classe politica e sul vistoso arretramento anche nei confronti di un non lontano passato. Per di più, in un momento delicato e complesso, tra sviluppi della pandemia ed emergenza afghana con tutto ciò che quest’ultima comporta, tentare di porre il tema in questione all’ordine del giorno, come se si trattasse di una scelta imminente da compiere, non può che far aumentare l’incertezza e la confusione, nonché inserire nei rapporti tra le forze politiche un nuovo fattore di divisione o di scontro. Quest’ultimo è molto probabile che si verificherà sull’elezione del Capo dello Stato, ma non è, questo, il momento. D’altro canto, nella storia della Repubblica non si è mai affermato il caso di un «predestinato» da lungo tempo e, soprattutto, si è sempre badato alla sensibilità giuridico-istituzionale conseguita o con una lunga militanza politica, a volte associata a incarichi universitari, o con una lunghissima carriera tutta nel «settore pubblico», in una istituzione prestigiosa o nell’accademia.

 

 

 

Si dovrebbe, invece, pensare all’oggi e riflettere sulle parole pronunciate dal Presidente Mattarella non molto tempo fa quando ha fatto capire che riterrà conclusa la propria opera al vertice dello Stato con il termine del settennato. Invece, si elucubra sostenendo che Mattarella non potrebbe resistere alle pressioni che venissero esercitate per un reincarico, così nuovamente mancando di rispetto perchè si considera il Presidente non fermo sui suoi propositi. Ma non ci si avvede, poi, che in questo modo è l’intera classe politica (maggioranza e minoranza) che di fatto si autodefinisce incapace di individuare almeno un’altra persona da candidare, quando sarà il tempo, alla carica di Presidente della Repubblica, rispetto a quella che si ritiene espressione di una eccezionale taumaturgia (della quale, però, ora non si vedono gli effetti). Per di più, l’immagine che così si offre all’Europa e a livello internazionale non è di certo esaltante per l’intero schieramento politico che sarebbe costretto a ricorrere a «escamotages», quale la predetta staffetta, per risolvere un problema non altrimenti risolvibile. Sarebbe, invece, un fatto eccezionalmente positivo se si evitassero discussioni e proposte del tipo anzidetto, in questa fase, e ci si concentrasse su quanto bisogna fare, sul Piano nazionale di ripresa e resilienza, sull'azione di contrasto della variante Delta del Covid-19, sulla prossima legge di bilancio, sulla grave situazione afghana e sulle connessioni internazionali. C'è moltissimo su cui riflettere e su cui agire. «Age quod agis», dovrebbe essere il motto di chi è investito di responsabilità politiche e istituzionali. Altro che staffette e taumaturghi.

 

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