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L'islam e le storie di Mila e Saman Abbas: così la sinistra è andata in tilt

Benedetta Frucci
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Mila ha 18 anni, è francese, attivista Lgbt e vive sotto scorta. Saman, 18 anni, è stata brutalmente uccisa dalla sua famiglia a Reggio Emilia perché voleva vivere all’ Occidentale. Il suo corpo al momento non è stato ancora ritrovato.

Mila e Saman hanno qualcosa in comune, oltre ad essere a tutti gli effetti giovani donne europee: hanno osato offendere l’Islam. La prima sui social network, Saman rifiutandone i precetti tribali.

 

Mila, nella Francia multiculturale e laica, è protetta dallo Stato, ma non dagli estremisti che per anni sono stati tollerati in nome di un multiculturalismo con cui Parigi ha coperto i peccati coloniali e le fallimentari politiche di integrazione. Era stata presa di mira dalle avances insistenti di un ragazzo musulmano, che lei ha rifiutato dichiarandosi omosessuale. In tutta risposta, sono iniziati gli insulti omofobi del branco, a cui la giovane allora 16enne ha replicato con coloriti epiteti contro l’Islam. Da quel momento, l’inferno.

 

“Farai la fine di Samuel Paty”, il professore francese decapitato da un estremista islamico per aver osato mostrare due vignette di Maometto durante una lezione sulla libertà di espressione, le hanno detto.

Attivista lgbt, vittima dell’estremismo religioso: ci sarebbero tutti gli elementi per trasformare Mila in una giusta paladina della sinistra, del femminismo, della libertà.

E però siamo nell’Europa invasa dal virus dell’estremismo progressista, che dagli Stati Uniti non apprende più la lezione di Tocqueville, ma la cancel culture, il politicamente corretto e il cosiddetto pensiero liberal che di liberale ha ormai solo il nome.

 

Allora, contro di lei si schiera perfino la socialista Ségolène Royale: “non possiamo erigere a paladina della libertà di espressione un’adolescente che manca di rispetto alla religione”.

Peccato non sentire le stesse parole quando ad essere perseguitati nel mondo sono i cristiani, uccisi come mosche in Africa e Asia, proprio da quell’Islam radicale che oggi mette radici nel cuore dell’ Europa.

La storia di Saman è più nota alle cronache nazionali e sappiamo bene come il segretario nazionale del Partito democratico, Enrico Letta, abbia mantenuto un silenzio tombale sulla vicenda pur se incalzato dai media. Solo le voci di Matteo Salvini, Giorgia Meloni e Matteo Renzi si sono prontamente levate.

Nell’ Italia del Ddl Zan, in cui la sinistra rischia perfino di far affondare una legge contro l’omotransfobia arroccandosi sulle sue posizioni, in cui qualunque voce critica e ragionevole si levi in difesa della libertà di espressione, sacro principio della democrazia liberale, patria dei diritti civili, viene bollata come razzista e omofoba, in cui la nostra nazionale di calcio viene criticata perché poco multietnica, come se la società multiculturale fosse sufficiente a se stessa e non necessitasse di politiche di integrazione efficaci, niente di cui sorprendersi.

È il populismo che non risparmia destra e sinistra e che cerca soluzioni semplici e oscurantiste a problemi complessi.
Una nuova sfida per salvare l’Occidente e la sua identità è quella che le forze liberali devono impegnarsi ad affrontare, fatta di dialogo, mediazione e comprensione dei fenomeni.

Una sfida che richiede di mettere al centro la cultura: da un lato quella del dialogo con quell’ Islam che prova ad uscire dall’oscurantismo tribale imboccando la strada del riformismo, facendone un alleato solido per arginare l’estremismo, dall’altro con il netto ancoraggio alla storia e all’identità occidentali a cui per nessuna ragione è accettabile derogare.

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