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Il flop del reddito di cittadinanza. Coi decreti di Conte è boom di furbetti

Dario Martini
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I decreti emanati dal governo Conte per affrontare la pandemia hanno aumentato i lavoratori in nero che prendono il reddito di cittadinanza. A scriverlo a chiare lettere è l’Ufficio parlamentare di bilancio (Upb), organismo indipendente di vigilanza sulla finanza pubblica del governo, nel focus sui decreti Ristori pubblicato il 3 dicembre scorso.

Che ci siano lavoratori in nero che se ne approfittano e ottengono il reddito di cittadinanza non è un mistero. La Guardia di finanza svolge costantemente indagini per stanare e stangare i furbetti della misura di sostegno economico voluta dai 5 Stelle. La novità è che le azioni dell’esecutivo per contrastare l’emergenza Covid avrebbero favorito proprio i furbetti. Ecco cosa scrivono i tecnici dell’Upb: «I soggetti colpiti dalla pandemia, rientranti nei requisiti del Rdc presentando un Isee corrente, potrebbero aver optato per il Rdc se più generoso del Rem (circostanza che si verifica soprattutto per i soggetti privi di redditi e in affitto). Inoltre il venir meno, temporaneo, delle condizionali legate agli obblighi lavorativi, può aver spinto i soggetti non disposti in passato a sottoporsi a tali adempimenti (come, ad esempio, i lavoratori del sommerso) a richiedere il Rdc». 

 

Ovviamente non esistono dati certi, dal momento che non è possibile sapere quanti lavoratori di questo tipo, proprio perché sono «sommersi», abbiano beneficiato del sostegno economico. L’Upb, però, specifica anche quali sono questi provvedimenti del governo che possono aver favorito chi in precedenza si guardava bene dal chiedere il Reddito. E cita il dl 18/2020 e il dl 34/2020. Sono i famosi Cura Italia (decreto approvato a marzo e convertito in legge ad aprile) e il Decreto Rilancio (approvato a maggio e convertito a luglio), con cui «è stata disposta la sospensione di due mesi degli obblighi di reinserimento sociale e lavorativo, che sono stati prorogati per altri due mesi».

 

Grazie a questi quattro mesi di «buco», quindi, ci sarebbero stati molti lavoratori in nero che ne avrebbero approfittato. A condizioni normali, infatti, per vedersi accordare il reddito di cittadinanza, bisogna sottostare a determinate «condizionalità». Ovvero, come recita il sito dedicato del governo, bisogna dare «l’immediata disponibilità al lavoro, l’adesione ad un percorso personalizzato di accompagnamento all’inserimento lavorativo e all’inclusione sociale che può prevedere attività di servizio alla comunità, per la riqualificazione professionale o il completamento degli studi nonché altri impegni finalizzati all’inserimento nel mercato del lavoro e all’inclusione sociale». Seguire corsi di formazione o fare lavori socialmente utili è un grosso problema per chi ha già un lavoro in nero. Tolto questo impiccio, ecco che il Reddito è diventato più appetibile.

Ciò non toglie che la crescita delle persone che hanno fatto domanda nel 2020 sia dovuta principalmente alle condizioni di vera difficoltà economica. Un po’ di numeri: «I nuclei familiari beneficiari del Rdc sono aumentati sensibilmente sin dai primi mesi della pandemia - scrive l’Upb - passando da circa 940mila nel febbraio 2020 a oltre 1,2 milioni a settembre (296.000 unità, un incremento di più del 30%). I beneficiari del Rdc sono diminuiti in ottobre (circa 900.000 nuclei), per risalire in novembre a circa 1,1 milioni in corrispondenza dell’incremento dei contagi e delle nuove misure restrittive». Incremento che è continuato anche a dicembre, come evidenzia l’Osservatorio dell’Inps, che nel rapporto aggiornato al 4 dicembre quantifica in 1.592.930 i nuclei familiari percettori del reddito di cittadinanza.

I tecnici dell’ufficio parlamentare fotografano anche una realtà: la divisione territoriale di chi percepisce il Rdc e fa il raffronto con un’altra misura di sostegno economico, il reddito d’emergenza (Rem). Se il primo è di marca grillina, il secondo è una bandiera del Partito democratico. Si vede come il primo sia fortemente localizzato al Sud, mentre il secondo al Centro-Nord. In Campania, infatti, si concerta un quinto (20,9% dei beneficiari di tutta Italia). Ma anche il 18,1% in Sicilia e il 9,1% in Puglia. Mentre il Rem ha percentuali più alte rispetto al Rdc in Lombardia (9,2 contro 8,5%), in Calabria (7,5 e 6,5%) e nel Lazio (10,8 e 9,7%). I tecnici, però, sottolineano un’altra criticità: «Il Rem ha effettivamente consentito ad alcuni soggetti esclusi dal Rdc di usufruire di qualche misura di sostegno; tuttavia, il contemporaneo incremento della fruizione del Rdc suggerisce che un certo grado di sovrapposizione tra i due istituti si sia effettivamente verificato».
 

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