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Coronavirus, più morti in Italia che negli Usa. Stanno già scegliendo chi salvare

La gestione della pandemia è già fra le peggiori al mondo

Franco Bechis
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Nell'ultimo mese i morti per coronavirus in Italia in rapporto al numero degli abitanti sono stati il doppio esatto di quelli registrati nei vituperati Stati Uniti di Donald Trump e superiori del 50% a quelli registrati nel Brasile di Bolsonaro. Peggio di Gran Bretagna, di Germania e di Francia e il solo caso così grave è stato quello della Spagna. Per capirci un mese fa l'Italia aveva registrato da inizio pandemia un morto ogni 1.654 abitanti e gli Stati Uniti a quella data un morto ogni 1.491 abitanti. A ieri il conteggio è questo: in Italia un morto ogni 1.422 abitanti e negli Stati Uniti un morto ogni 1.377 abitanti. Come si può vedere la propaganda la può fare chiunque, ma visto che il primo compito di ogni paese è cercare di salvare dalla pandemia quante più vite possibili la gestione della crisi da parte del governo di Giuseppe Conte è assai simile nei numeri negativi a quella americana: una delle più disastrose del mondo. Davanti ai 580 morti di ieri non si possono tacere più per amore di patria gli errori clamorosi di un governo che invece di chiedere scusa scarica le sue responsabilità sul popolo italiano che a suo dire avrebbe messo le ali al virus per i suoi comportamenti non virtuosi. Non è più tollerabile sentirlo: si guardino allo specchio Conte, i suoi ministri e l'esercito delle loro truppe di parlamentari e consulenti.

Siamo tornati allo stesso dramma delle prime settimane di marzo: negli ospedali di gran parte di Italia si decide preventivamente chi salvare e chi no, perché non c'è posto per tutti nelle terapie intensive né in quelle subintensive. Ogni giorno ci sono decine di morti che sarebbero stati evitabili e che sono dovuti alle balle raccontate sul rafforzamento della rete ospedaliera e dei posti di terapia intensiva. Non è vero che ci siano, e lo sapeva bene il comitato tecnico scientifico quando a fin e settembre nelle sue riunioni si è posto il problema chiedendo i dati- che non aveva- alla società italiana degli anestesisti e dei rianimatori. Furono loro a fare scandalo il 6 marzo scorso quando in documento fatto circolare fra i propri membri avevano fornito dei criteri per escludere dalle terapie salva-vita chi aveva poche possibilità di farcela. Non ci giriamo intorno: significava scegliere per un posto in terapia intensiva fra un numero di casi gravi solo quelli che avevano meno anni e meno acciacchi pregressi. Siamo di nuovo in quella stessa identica situazione: non arrivano in terapia intensiva molti ultraottantenni, e l'età sembra davvero lo sparti-acque più decisivo, perché se poi si vedono le cosiddette co-morbilità che riguardano gli indici di morbilità, la principale individuata nei rapporti del ministero della Salute è l'ipertensione, cioé la pressione alta che è comune a tantissimi anziani e che senza coronavirus avrebbe consentito loro di vivere ancora molti anni prendendo una pasticca. Non è un caso se quella stessa società degli anestesisti e rianimatori (la Siaarti) ha vergato a fin e ottobre un nuovo documento questa volta coinvolgendo i medici del Fnomceo con le istruzioni “etiche” da fornire a chi opera sul fronte del coronavirus in caso di drammatica scelta su chi salvare e chi no. “Coloro”, vi è scritto, “che non sono trattabili in modo intensivo, ovvero non sono eleggibili ad un trattamento intensivo a causa dell’improbabilità d’ottenere concreti, accettabili e duraturi benefici clinici, sono comunque presi in carico prestando loro le cure appropriate e proporzionate di cui vi sia disponibilità”. E ancora: “All’impossibilità di erogare un determinato trattamento sanitario in condizioni eccezionali di squilibrio tra necessità e risorse disponibili, non può seguire l’abbandono terapeutico, dovendo il medico sempre provvedere, in considerazione della sua posizione di garanzia, a porre in atto le valutazioni e l’assistenza necessaria affinché l’eventuale progressione della patologia risulti il meno dolorosa possibile e soprattutto sia salvaguardata la dignità della persona, mediante un sostegno idoneo ad alleviarne le sofferenze fisiche, psichiche e spirituali”. Traduco nella realtà che purtroppo si sta sperimentando in molti ospedali italiani: entra un paziente ammalato di coronavirus molto anziano, non ci sono posti né ventilatori per tutti, e si sceglie. I ventilatori sono riservati a quelli che hanno più chance di farcela. Gli altri si provano a curare e in caso di crisi respiratoria si lasciano morire alleviando solo le sofferenze con uso abbondante della morfina.

E' l'orrore in cui speravamo di non precipitare più. E invece ci siamo per esclusiva responsabilità di chi non ha governato lo stato di emergenza che aveva chiesto e si è nascosto dietro un paravento ripetuto fino alla nausea (“facciamo quello che dicono gli scienziati”), che è anche questo falso. Consiglierei a tutti la lettura dei verbali del Cts delle tre ultime sedute di settembre appena pubblicate. Perché smontano tonnellate di bugie dette da membri del governo, ad esempio sulla sicurezza delle scuole. “L'avvio dell'anno scolastico, seppure con attente misure di contenimento messe in atto”, scrive il Cts, “ha riportato in presenza più di 11 milioni di cittadini, fra alunni e lavoratori del mondo della scuola”, che diventavano 14 milioni con riapertura di asili e Università, e si aggiungevano al 50% di lavoratori della Pa in presenza e alla capienza del trasporto pubblico locale all'80%. “Come prevede l'OMS dopo ogni misura di rilascio è necessario attendere 14 giorni più il periodo di monitoraggio dei dati, per ottenere una valutazione esaustiva degli effetti sull'andamento della curva epidemica. Alla luce di queste considerazioni quindi è plausibile che non si riesca ad ottenere un quadro complessivo dell'impatto delle riaperture di settembre prima della fine del mese di ottobre. Il Cts rileva che ancora oggi la circolazione del virus Sars Cov 2 rimane elevata con situazioni locali che in alcuni casi destano particolare preoccupazione”. A fine ottobre dunque avremmo dovuto vedere gli effetti della riapertura delle scuole, e non quando Lucia Azzolina diceva sciocchezze a vanvera per tranquillizzare. E a fine ottobre quei numeri abbiamo visto.

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