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Caso D'Amato, cinque domande per Zingaretti lo smemorato

È questa la legge morale e l'idea di meritocrazia che sventola il segretario del Pd?

Franco Bechis
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C’è un silenzio assordante da quando abbiamo reso noto il rapporto della guardia di Finanza alla Corte dei Conti sui contributi regionali illecitamente percepiti dall'attuale assessore alla Sanità, Alessio D'Amato che li ha usati per la propria campagna elettorale invece che per la onlus pro Amazzonia cui erano destinati. È il silenzio del presidente della Regione, Nicola Zingaretti. Colpevolissimo silenzio, perché mentre D'Amato ancora può difendersi nel merito e spiegare come mai quei fondi sono stati dirottati da un'associazione benefica a una politica, il presidente della Regione che deve proteggere i soldi versati dai contribuenti italiani, ha il dovere di spiegare il muro di gomma e la sfilza di bugie dette e scritte dai suoi principali collaboratori che in questo modo hanno ostacolato il percorso della giustizia. Non a «Il Tempo», ma ai cittadini contribuenti del Lazio Zingaretti deve la risposta ad alcune domande che nascono dalla lettura del rapporto della guardia di Finanza sul presunto danno erariale da 275 mila euro causato dal suo assessore alla Sanità.

 

La prima domanda è: lo avevano informato il suo capo di gabinetto dell'epoca, dott. Maurizio Venafro, e poi il segretario generale della Regione Lazio, dott. Andrea Tardiola, della richiesta della Corte dei conti fin dall'aprile 2014 di procedere al recupero di quei 275 mila euro, somma «indebitamente percepita» dal D'Amato insieme a suoi tre collaboratori? E se come immagino almeno lo avevano avvertito informalmente di quella richiesta, quali disposizioni ha dato per fare ritornare nelle casse regionali quello che era così improvvidamente uscito? E se quelle disposizioni ha dato, come è possibile che in sei anni non sia stato recuperato nemmeno un centesimo?

 

A Zingaretti chiedo se è a conoscenza del fatto che si sia perso il fascicolo della vicenda, e che nemmeno al nuovo avvocato generale della Regione Lazio sia stato dato con il doveroso aggiornamento? Lo sa che il rapporto della Finanza sostiene che la Regione Lazio attraverso il suo segretario generale abbia affermato a ingiusta protezione di D'Amato il falso? Le Fiamme gialle infatti scrivono che «contrariamente a quanto asserito dal dott. Tardiola la Procura contabile, sin dal 14/04/2014 con la nota n. 6386 chiedeva all'Ente Regionale di conoscere quali iniziative recuperatorie fossero state intraprese per chiarire la vicenda e procedere agli addebiti a tutela dell'erario». E ancora, l'atto di accusa: «La Regione Lazio non ha adottato alcun provvedimento recuperatorio del danno subito nei confronti di D'Amato Alessio e degli ulteriori tre soggetti responsabili del nocumento erariale...». Infine le considerazioni delle Fiamme gialle anche sul comportamento dell'attuale assessore alla sanità laziale: «nonostante il D'Amato Alessio abbia ricoperto e ricopra tuttora cariche di notevole rilievo nell'ambito dell'Ente Regionale (…) il medesimo non ha ritenuto di procedere alla refusione del danno arrecato alla Regione Lazio. Circostanza oltremodo grave tenuto conto della mera declaratoria di prescrizione dei reati e dell'esistenza di costituzione di parte civile della Regione Lazio».

 

Da sei anni dunque i più stretti collaboratori di Zingaretti non solo non hanno mosso un dito come era stato loro richiesto per riavere indietro quei soldi come era dovere, ma hanno perfino premiato chi se li era portati via in quel modo illecito prima nominandolo responsabile della cabina di regia del servizio sanitario regionale e poi assessore. Quindi è questa la legge morale che sventola il segretario del Pd? Se porti via i soldi dalla casse pubbliche stai tranquillo perché chi deve vigilare tanto gira la testa dall'altra parte, poi zitto zitto ti batte la mano sulla spalla e ti fa i complimenti facendoti fare carriera. È questa l'idea di meritocrazia che ha Zingaretti? Lo chiediamo sommessamente, ma farebbe bene a chiederglielo con piglio più deciso il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte. Perché se quel rapporto della Finanza finisse mai nelle mani della Commissione europea, ci sarebbe prova tangibile di quanta cura cura dei fondi pubblici abbia il leader del partito di maggioranza. E temo che con questo precedente inizi a traballare l'erogazione del Recovery Fund...
 

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