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Scontro sull'election day. Le Regioni sfidano Conte: "Votiamo a inizio settembre"

Conte e Bonaccini

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Scoppia il caso dell'election day. La data del 20 settembre, pensata per tornare al voto in sei regioni e in oltre mille Comuni, scontenta tutti. Mentre alla Camera l’esame del decreto è bloccato dall’ostruzionismo di Fdi, che vorrebbe posticipare le elezioni a ottobre, arriva sulla maggioranza la doccia gelata della Conferenza delle Regioni. Con una lettera a doppia firma del presidente Stefano Bonaccini, in quota Pd, e del vice presidente Giovanni Toti (l’ex azzurro un tempo vicino a Matteo Salvini) le 
Regioni ribadiscono la loro piena competenza in materia di elezioni regionali e si dicono pronte a recarsi alle urne la prima domenica utile del mese di settembre, "anche al fine di garantire il regolare avvio dell’anno scolastico e di limitare l’eventuale nuovo rischio epidemiologico".

Il rischio ulteriore, sostengono, è che sui banchi non si torni prima di ottobre. In pratica una dichiarazione di guerra all’esecutivo, non a caso mossa da due figure emergenti degli schieramenti di centrosinistra e di centrodestra. Non è un mistero che Bonaccini non sdegni futuri ruoli di partito a livello nazionale; lo stesso dicasi per Toti. I governatorì dell’Emilia Romagna e della Liguria, due fra le Regioni più colpite dal coronavirus, accusano Governo e Parlamento di non aver tenuto in alcun conto le indicazioni formulate dalla Conferenza delle Regioni, assunte in piena coerenza con quanto indicato dal Comitato tecnico scientifico. "In palese violazione - scrivono Bonaccini e Toti - del principio di leale collaborazione tra le istituzioni".

La lettera, inviata al presidente del Consiglio Giuseppe Conte e ai ministri Francesco Boccia, Luciana Lamorgese e Federico D’Incà apre un nuovo fronte per l’esecutivo, già messo alle strette dallo stesso Pd per la querelle sugli Stati Generali. A Montecitorio, dai banchi dell’opposizione, Fratelli d’Italia fa intervenire a ripetizione decine dei suoi 35 deputati e chiede una data condivisa - e posticipata - per regionali e amministrative. Forza Italia non si espone troppo, ma ritiene che unire il referendum al voto su 
Regioni e Comuni sia un regalo al M5S. Il senatore Andrea Cangini annuncia che Fi sta valutando l’opportunità di presentare ricorso alla Corte Costituzionale contro l’accorpamento in un’unica data del voto politico con un voto sulla Costituzione, "Assurdità esclusa anche dalla legge sull’election day".

E, per un momento, la sponda al partito guidato da Giorgia Meloni sembra venire offerta dall’ex sindaco di Torino Piero Fassino che apre sulla data del 31 luglio, ma non per cambiare il giorno delle elezioni, bensì per anticipare la lista delle candidature. "La mia proposta, a titolo personale, consente di ovviare la difficoltà di presentare le liste a ferragosto e di avere un tempo aggiuntivo di campagna elettorale. Ma - spiega - non propongo il cambiamento della data delle elezioni, il 20 settembre è l’unica mediazione possibile". Intanto Fdi ottiene un primo slittamento, quello del voto finale sul decreto che previsto per lunedì, salvo sorprese, tarderà almeno di ventiquattr’ore.

 

 

 

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